Ucciso da una fucilata durante la caccia in Ungheria

di Chiara Zomer

La notizia è arrivata ieri mattina a Lavarone con la forza di uno schiaffo. Uno di quelli che coglie di sorpresa e lascia senza fiato. Un cittadino di Lavarone, Marco Coller, 48 anni, è morto in Ungheria, in un incidente di caccia.

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L'amico fraterno Alberto Brinis, 60 anni, pure lui volto noto dell'altopiano, in queste ore è rinchiuso in una prigione ungherese perché, par di capire dalle frammentarie notizie che arrivano dalla provincia di Györ, gli inquirenti vogliono verificare se abbia peccato di imprudenza e abbia quindi avuto un ruolo, quantunque involontario, nel dramma che si è consumato. Un terzo cittadino trentino, residente in Valsugana, è tuttora là, e deve restare a disposizione: partecipava alla stessa battuta di caccia, è un testimone. Due famiglie - la moglie di Brinis e i genitori e la compagna di Coller, Adriana Fellin, vicesindaco a Lavarone - sono arrivate ieri nel tardo pomeriggio in Ungheria, nel tentativo, prima di tutto, di capire. Mentre a casa, a Lavarone, un'intera comunità aspetta. E fatica ancora a riprendersi dallo schiaffo.[[{"type":"media","view_mode":"media_preview","fid":"1647271","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"180","style":"float: right;","width":"180"}}]]

Sono poche le informazioni che arrivano dall'Ungheria. I fatti si sono svolti nella provincia di Györ, nel nord ovest del Paese, e in particolare tra Bakonysàrkàny e Aska, a nord del lago Balaton. Lì Alberto Brinis, imprenditore originario di Padova ma da decenni residente a Lavarone, nonché cacciatore di grande passione e altrettanta esperienza, gestisce un'attività di ricettività turistica finalizzata all'attività venatoria, con un B&b e la concessione dal governo ungherese di diverse riserva di caccia. Significa, in sostanza, che dietro pagamento di un corrispettivo, Brinis ha il diritto di cacciare in quell'area e di portarci amici e clienti. E ci va, a caccia, prevalentemente di ungulati. Con gli amici. Tra questi c'è Marco Coller, che all'attività venatoria si è avvicinato negli ultimi anni, e che da quando ha preso la licenza di caccia a Lavarone, un anno fa, ha sempre fatto gruppo con Brinis, un po' per affinità di carattere, un po' per imparare da chi ha più esperienza.

Coller e un terzo trentino sono arrivati nella riserva di caccia mercoledì scorso. Una sistemazione perfetta per chi ama dedicarsi a queste attività: c'è una signora che la gestisce, che garantisce l'apertura e che fa da mangiare, in modo che gli ospiti possano dedicarsi senza distrazioni ai giorni di vacanza che si sono concessi. Venerdì li ha raggiunti Brinis. Tutti e tre hanno passato la giornata insieme, probabilmente in una battuta di caccia. Il dramma si è consumato nel tardo pomeriggio. Mancavano poco alle 20 quando è accaduto. E sui fatti ci sono poche certezze. Si sa che stavano maneggiando i loro fucili e si sa che, ad un certo punto, è partito un colpo.
Tutto si è svolto nello spazio di istanti. Sembra che all'origine di tutto ci sia stato uno scivolone da parte di Brinis mentre imbracciava l'arma. L'unica cosa certa è che il proiettile ha colpito Coller. L'uomo si è accasciato a terra, morto. Gli amici hanno dato l'allarme, sul posto sono arrivati i soccorsi, nonché le forze dell'ordine. Ma purtroppo per il 48enne non c'era più nulla da fare. La polizia - il territorio è sotto la giurisdizione della procura di Komarom-Esztergom - si è quindi concentrata sulla ricostruzione dei fatti.

Sull'indagine il riserbo è assoluto. Anche l'ambasciata italiana in Ungheria non è stata informata se non dei provvedimenti presi. E allo stato attuale si sa che Brinis è stato interrogato e sottoposto ad un fermo cautelare. La polizia ungherese parla di «ragionevole sospetto di negligenza». Ma cosa ciò significhi è impossibile dirlo: il codice ungherese permette un fermo di polizia di 72 ore, per verificare indizi e prove. Non è escluso quindi che al termine delle verifiche si accerti che Brinis non ha avuto alcun ruolo nel ferimento dell'amico. Per ora, comunque, resta in cella. Come prevede il codice ungherese, gli è stato dato un avvocato d'ufficio, a cui è stato affiancato naturalmente un interprete. Ma non può avere altri contatti. Né con i familiari, né con l'ambasciata, che ovviamente è stata immediatamente allertata: il ministero degli Esteri ha contattato il personale diplomatico, che si è messo in contatto sia con le autorità ungheresi, che con l'amico trentino considerato un testimone. E naturalmente ha assicurato sostegno alle famiglie coinvolte. Solo domani il personale dell'ambasciata potrà parlare con Brinis. Nel frattempo, dall'Italia sono accorse le due famiglie coinvolte. La compagna di Coller, Adriana Fellin, vicesindaco di Lavarone, con i genitori della vittima e a Fabiana Giongo, sono partiti ieri mattina in macchina. Un viaggio lungo, appesantito da domande senza risposta.

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