Da Mezzolombardo ad Harvard per studiare il genoma La storia e i progetti e del 27enne Marco Roncador

La storia e i progetti del 27enne Marco Roncador

di Matteo Lunelli

Barack Obama, Bill Gates, John F. Kennedy, Mark Zuckerberg, Michael Spence e Marco Roncador. No, il «giochino» non è quello di trovare l'intruso, ma più banalmente di trovare il punto di contatto tra questa lista di persone: che è Harvard, l'università di Boston, nel Massachusetts, una delle più prestigiose del mondo. Oltre a svariati presidenti degli Stati Uniti (otto), a decine e decine di premi Nobel (settantacinque), a personaggi di fama e livello mondiale (citiamo solo sessantadue miliardari viventi), in questi mesi sta ospitando anche un giovane trentino. 

Marco Roncador, 27enne di Mezzolombardo, lavora e studia all'interno dell'università, in un percorso a metà tra studio, ricerca e professione medica. Laureato in biotecnologie mediche, tra circa un anno completerà la seconda laurea, in medicina. Un già dottore che diventerà dottore, quindi, e che non smette di studiare e formarsi. Per arrivare, chissà, a non essere «intruso» in quella lista.

Ma partiamo dall'inizio. «Il mio è stato ed è un percorso un po' pazzo o quantomeno insolito. Nel 2011 mi sono laureato in biotecnologie a Trento: la facoltà aveva appena aperto, e infatti sono stato uno dei primi dieci studenti a finire il percorso. Seguivo due grandi passioni, l'informatica e la biologia computazionale. Ho proseguito in Fbk, studiando genomica con il professor Furlanello, e ho fatto esperienze anche all'estero, in Giappone e negli Stati Uniti. Poi la specialistica a Verona in biotecnologie mediche. A quel punto ho iniziato a cercare una strada per l'integrazione della ricerca nella pratica clinica. Così mi sono iscritto a Medicina, corso in lingua inglese a Pavia, e in parallelo lavoro al CNR sullo studio della cancer progression. Ora sono a Boston con una borsa di studio, mi occupo di genoma ed epigenoma, creando un modello sul mieloma multiplo».

Un po' in laboratorio, un po' in ospedale, un po' ricercatore e un po' medico. E questo vorrebbe diventasse anche il lavoro futuro. «In Italia il medico fa il medico e il ricercatore il ricercatore. Qui, come in altre zone d'Europa, è diverso: lavoro in clinica, in università e in laboratorio sia integrano molto, molti dottori trascorrono tre giorni in corsia e poi tre con provette e microscopi. Anche io vorrei percorrere una strada così, specializzandomi in campo oncologico».

Tra un mese terminerà l'esperienza ad Harvard e nel 2017 arriverà la seconda laurea. E poi? Marco Roncador attende l'occasione giusta: se sarà a Trento, in Italia, o all'estero non è un problema. «Sono pronto a tutto, con l'idea di seguire i miei interessi, ovvero coniugare l'attività di ricerca e quella medica. Non dico no a priori a un lavoro al Santa Chiara a Trento, ma credo ci potranno essere più chance all'estero. Vedremo. Il Trentino nella ricerca biomedica ha grandi potenzialità, il Cibio è una punta di diamante». 

Muovendosi così tanto non si corre il rischio di perdere le proprie radici, o di dimenticarsene? «Per fortuna ho buoni amici: non tantissimi, ma fidati. Molti di loro fanno esperienza di lavoro o studio all'estero, quindi capiamo orari, ritmi, esigenze. Poi qui a Boston ho la mia ragazza, che è tedesca e con un po' di volontà, fortuna e pazienza si riesce a far coincidere gli spostamenti. Last but not least la mia famiglia: mamma e papà sono entusiasti delle mie scelte, anche se soffrono un po' il mio girovagare, e sapere di avere il loro supporto mi motiva tantissimo». I genitori sono entrambi insegnanti, di tedesco e di italiano: di cosa parlate a pranzo? Di epigenoma? «No, direi di no. L'argomento che studio non è propriamente popular, però mostrano interesse, mi chiedono spiegazioni, provano a capire». 

Qualche giorno fa Marco Roncador ha scritto un messaggio ai responsabili di JobTrainer, il progetto di orientamento professionale di Marco Parolini. Diceva: «Quattro anni fa ho seguito il vostro corso di JobTrainer: nella parte finale del training mi chiedevate dove mi sarei visto in futuro nel medio periodo e scrissi che sarei voluto essere ad Harvard a studiare la genetica delle malattie umane. Bene, vi sto scrivendo ora da Boston dove lavoro negli ospedali di Harvard per un modello genomico di mieloma multiplo». «Quell'esperienza la considero molto positiva: avevo vinto una borsa di studio della Cassa Rurale per i migliori laureati. JobTrainer mi ha aiutato a capire e focalizzare, è arrivato in un momento di scelte complicato ed è servito». 

Lavoro a parte, la vita a Boston piace. «La città è bella, verde e molto viva. Io amo suonare e ascoltare musica, e qui ci sono concerti ovunque: ieri c'erano i Pearl Jam, ma anche nei pub e per strada si suona. Ogni tanto vado a vedere i Red Sox: il baseball ti fa sentire un vero americano». Allora, good luck mr doctor.

comments powered by Disqus