Cassa Rurale di Rovereto nella bufera: Cassa Centrale obbliga alla fusione entro il 2020

Il gruppo Cassa Centrale Banca ha evidentemente deciso che il 2019 è l’anno in cui si risolveranno in via definitiva i problemi della Rurale Rovereto. L’ha deciso e l’ha reso noto nelle ultime ore, generando in Vallagarina qualcosa come un terremoto. 

Cassa Centrale Banca ha presentato agli attori in gioco (oltre alla Rurale di Rovereto anche la Rurale Vallagarina, Alta Vallagarina e Lizzana) due piani.
Il piano A sembra più che altro una boutade: fusione tra le quattro casse rurali della Vallagarina (Rovereto, Alta Vallagarina, Lizzana, Vallagarina). Che questo fosse l’orizzonte di lungo periodo l’avevano capito tutti. Ma Cassa Centrale chiede la firma di un accordo vincolante entro il 30 aprile. Il piano B pare l’obiettivo vero o per lo meno più verosimile, almeno dal punto di vista tecnico: una fusione tra Rovereto e Ala. Per altro in tempi stretti: Cassa Centrale vuole un protocollo entro il 23 maggio, un piano di fusione entro il 15 luglio, e la nascita della nuova banca.
Questo lo scenario prospettato in due lettere diverse - una lettera d’esortazione ad Ala, Besenello e Lizzana e una direttiva vincolante a Rovereto - inviate nelle scorse ore, e arrivate nei diversi istituti di credito in modo piuttosto inaspettato. Col risultato di scompaginare più di un piano: ad Ala, la cassa rurale Vallagarina si è limitata a spostare il proprio Cda, in programma oggi, alla settimana prossima, quando forse saranno più chiari i contorni dell’intera vicenda. Rovereto che a brevissimo doveva essere impegnata con le pre assemblee, ha ritenuto ovviamente di sospenderle: serve prima capire cosa dire ai soci, al di là dei dati di bilancio. E quanto a Besenello e Lizzana, ad aprile erano impegnati nelle preassemblee per illustrare il progetto di fusione a due. Hanno chiesto lumi a Trento: ha un senso o meno discuterne ancora? Il piano di fusione sta avendo tutte le autorizzazioni, dovrebbe entrare in vigore a luglio, ma adesso che si fa? Pare che da Trento sia arrivato un sì, all’idea di continuare sulla rotta già designata. Ma ecco, davanti al primo atto che sancisce chiaramente la differenza tra il mondo cooperativo tradizionale e l’organizzazione all’interno di un gruppo, un po’ di confusione c’è, sotto il cielo. Tanto che qualcuno, ieri, commentava a bassa voce: «Però non si fa così».

Il «caso Rovereto». Il nocciolo di tutto è la gestione di Rovereto. Nei giorni in cui c’è la Bce a mettere sotto i raggi X il gruppo trentino, Cassa Centrale decide che il tempo è scaduto per l’istituto di credito lagarino. In via Paoli si è tradizionalmente sostenuta la zona industriale e quindi più di ogni altro istituto si è pagato il dazio dei crediti deteriorati, quando la crisi ha falcidiato imprese e progetti industriali. I dati sono noti. Le passività (8 milioni nel 2014, 25,6 nel 2015, 8,5 nel 2016, 5,4 nel 2017) hanno eroso il capitale, l’intervento del sistema ha tamponato, ma evidentemente non ha risolto. L’istituto di credito cittadino, entrato nel gruppo Cassa centrale Banca, ha il semaforo rosso.

La direttiva vincolante. Al di là dell’estetica cromatica, il semaforo rosso è segno che siamo in una situazione estremamente delicata. Ma è il segno, soprattutto, del fatto che il gruppo ha possibilità di intervenire in modo anche pesante. E in questo contesto si spiega il perché agli altri tre istituti di credito è arrivata una lettera d’esortazione, mentre a Rovereto è arrivata una direttiva vincolante, deliberata dal Cda della Cassa centrale il 27 marzo. Significa «devi», non «fai se vuoi». E quel che deve fare Rovereto è decidere se tentare la strada in salita dell’aggregazione di valle o lavorare per un’aggregazione con la cassa rurale Vallagarina, che pur reduce dalla fusione con Isera e Folgaria è ritenuta da Trento nella migliore condizione di sostenere un progetto aggregativo con Rovereto e la sua complessità. Nel primo caso, come detto, Trento si attende la firma di un protocollo entro il 30 aprile, nel secondo caso ci si aspetta un protocollo entro il 23 maggio (giorno dell’assemblea), un piano di fusione entro il 15 luglio e una nuova banca entro gennaio 2020. Nella direttiva è chiarito che il piano di aggregazione sarà disposto sotto la supervisione della Capogruppo.

La governance.A Rovereto ci si aspettava un’altra lettera, che non è arrivata: il via libera alla candidatura di Gios a presidente. Perché con il gruppo funziona così: i nomi devono passare un vaglio di idoneità della capogruppo. Alle altre casse il via libera è arrivato, a Rovereto non ancora. Si vocifera di un possibile problema di incompatibilità. Certa è una cosa. Ci sono solo 4 candidati per 4 posti: Gios come presidente e come consiglieri Monica Aste, Carlo Alberto Postinger e Luca Frapporti. Se una banca ha il semaforo rosso e se qualcuno non è ritenuto idoneo, ma ci sono meno candidati che posti, è il gruppo che decide chi nominare. E l’unico candidato presidente - a questo punto forse - è Gios.
Lizzana e Alta Vallagarina.Dal punto di vista di Lizzana e Alta Vallagarina, la lettera influisce pesantemente sui progetti futuri. La fusione a due - partita come fusione a 3 con Rovereto, per altro - era immaginata come primo step. Il secondo sarebbe arrivato una volta che fosse concluso il percorso di risanamento della Rurale di Rovereto. Evidentemente questo nuovo progetto cambia la prospettiva a medio termine. Di sicuro sembra che a breve ci sarà un incontro tra i tre presidenti, ma i protagonisti escludono ci sia un rilancio del progetto a 3.
Cassa Rurale Vallagarina.Ad Ala possono stare più tranquilli. Hanno scavallato la fusione con Folgaria e Isera del 2017 con dati migliori del previsto: la nuova banca è andata in utile già alla fine del primo anno e ora porteranno in assemblea un bilancio che chiude a più 3,2 milioni. Attualmente, con un miliardo di raccolta e 540 milioni di impieghi, pesano quanto Rovereto, ma non hanno problemi. E sono la testa di ponte di Cassa Centrale in Veneto: a breve apriranno due filiali a Verona. Insomma, non hanno bisogno di fondersi. Per questo possono voler dettare le condizioni, con la forza di oltre 7 mila soci.

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