Non va alle medie, genitori a processo: assolti Non è reato, «volevamo educarlo a casa»

di Chiara Zomer

Non mandare il proprio figlio alle scuole medie si può. Soprattutto, non è reato. L’ha chiarito l’altro giorno il giudice per l’udienza preliminare Riccardo Dies, dovendo decidere sul caso di un minore residente nel basso Trentino. I genitori erano finiti a processo, per la loro scelta. Ma il Gup li ha assolti: non hanno commesso alcun reato. 

La vicenda è curiosa e anche un po’ complicata. Non tanto perché la storia di questa famiglia lo sia - anzi non lo è per nulla - quanto perché intricato è il reticolo di norme che disciplinano la materia. 

In sintesi, il ragazzino in questione ha frequentato la scuola elementare fino al quinto anno. Poi i genitori hanno deciso che preferivano occuparsi in prima persona - da soli o con l’aiuto di professionisti - della sua formazione. È la cosiddetta homeschooling. Non si sono ovviamente limitati a non mandarlo più nella scuola dove risultava comunque iscritto. Quelle sarebbero state assenze ingiustificate, e quindi sarebbero state sanzionate. Loro hanno scritto all’istituto, annunciando la loro decisione e dichiarando - in autocertificazione - di avere la capacità (tecnica o economica) di occuparsi del compito di formare il proprio figlio. Pensavano di aver assolto ad ogni obbligo di legge. In realtà è pressoché immediatamente partita la segnalazione. Loro hanno avuto una visita a casa, che ha evidenziato come non si trattasse di una famiglia «disastrata», tanto che non sono stati coinvolti i servizi sociali. Ma l’ulteriore segnalazione in procura è partita. Da lì il decreto penale di condanna: 20 euro di ammenda. I genitori una macchia così sulla fedina penale non la volevano, indipendentemente dall’entità ridicola della sanzione, ed hanno impugnato il decreto. Ecco perché si è arrivati a processo, quantunque con rito abbreviato. 

E qui la faccenda è andata nelle mani degli avvocati - il loro legale di fiducia è Luca Salvoni e la collega roveretana che ha discusso l’udienza, Alessandra Zoccatelli - ed è diventata un caso giuridico.
Ora, il codice penale prevede l’obbligo di educazione, indicando come minimo sindacale le scuole elementari. Perché all’epoca quello era l’obbligo scolastico. Dal punto di vista sanzionatorio, la legge del ‘62 aveva parificato le medie alle elementari, quindi da allora la sanzione (ridicola: un’ammenda, cosa su cui forse ci si dovrebbe tutti interrogare, ma tant’è). Ma da allora di cose ne sono cambiate parecchie. Di norme successive ce n’è stata più d’una. L’ultimo, il decreto legislativo 212/2010. Che, come prevede il nostro ordinamento, essendo una norma successiva, abroga quella del 1962. Bene, nel decreto legislativo non si fa più il riferimento - previsto invece nella legge del ‘62 - circa l’equiparazione, dal punto di vista della sanzione, tra scuola elementare e scuola media. Ed ecco che gli avvocati hanno avuto buon gioco - giurisprudenza alla mano - a sottolineare come la legge non possa essere interpretata in modo estensivo e contro l’imputato (tecnicamente: non è possibile l’analogia in malam partem). Da qui la sentenza di assoluzione piena, per i genitori.  

Ma attenzione: non basta non mandare il figlio a scuola, e poi dire che si fa home schooling. È una roba seria: serve dichiararlo, e dichiarare di essere idonei ad occuparsi della sua formazione. E, ovviamente, esserlo davvero. Perché altrimenti non si commetterà reato, ma si fanno danni seri.

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