Basso Trentino: famiglia vittima della vicina di casa

I rapporti all’interno dei condomini non sempre sono facili. Può capitare che i rapporti diventino così tesi da sconfinare persino nel reato. Di solito, si tratta di molestie, alla peggio. Ma quando i fastidi arrecati al vicino sono davvero pesanti e persistono nel tempo, si arriva pure allo stalking. Ne a qualche cosa una donna - D. P. le iniziali, 72 anni - residente nel basso Trentino, che giovedì mattina nel Tribunale di Rovereto, davanti al giudice per l’indagine preliminare Monica Izzo, ha patteggiato la pena di 4 mesi, dopo aver risarcito la parte lesa. Perché secondo la procura il suo atteggiamento ha sconfinato ampiamente oltre il lecito.
 
I fatti risalgono all’autunno 2016. Tutto è partito da dissapori dovuti ad un cane. La donna in questione, passando mentre tornava a casa, ha lamentato di essere stata avvicinata dal cane dei vicini che l’avrebbe aggredita, strappandole la maglia. Lei non sarebbe stata ferita, ma l’episodio ha incrinato evidentemente per sempre i rapporti di vicinato. I proprietari dell’animale hanno montato una rete, per far sì che il cane non avesse modo di avvicinarsi alla donna. Ma non è bastato. Da quel momento - hanno denunciato all’autorità giudiziaria - è iniziato il calvario.
 
Un calvario fatto di infiniti dispetti, in alcuni casi anche pericolosi. Prima i bigliettini, in cui si scrivevano fastidiosi messaggi, dal tono tutto tranne che conciliante. Poi i regali indesiderati. Dei vetri rotti gettati nel giardino, per esempio. Ma pure di peggio. Un topo morto, che fa tanto film dell’orrore. Degli escrementi di gallina. Infine - cosa decisamente più pericolosa - pure dei bocconi (fatti in casa con delle merendine) con del veleno per topo.
Forse è questo che ha fatto dire ai vicini che si era definitivamente passato il segno sia dell’educazione, ma anche del codice penale. E si sono rivolti alla magistratura. È stata la procura a valutare che, in questo contesto, si andava al di là delle normali schermaglie e si poteva integrare il reato di stalking. Un reato grave, per altro. Che ha bisogno di una serie di elementi, per sussistere. Oltre alla condotta evidentemente disturbante, gli atti compiuti devono aver creato nella vittima uno stato d’ansia e soprattutto devono aver obbligato a modificare lo stile di vita. In caso contrario non si può parlare di stalking.
 
Nel caso concreto, entrambi gli elementi, a parere della procura, c’erano. L’ansia è facilmente immaginabile: trovarsi un ratto morto in giardino non piace a nessuno. Ma anche rispetto allo stile di vita, il cambiamento c’è stato: i signori erano soliti ricevere in casa il figlio, con i nipoti. Ma ovviamente, iniziato questa guerra fredda hanno sconsigliato al figlio di portare i nipoti: cominciava ad essere serio il rischio che per loro il giardino si trasformasse in un pericolo. Da qui l’accusa per stalking.
La donna, a quel punto, deve averci pensato un po’ su. Forse ha capito che - qualsiasi siano le ragioni di ognuno - certi comportamenti non sono esattamente accettabili. E ha scelto prima di risarcire il danno (800 euro in tutto). E poi, davanti al giudice per l’udienza preliminare Monica Izzo, ieri ha scelto di non andare al dibattimento, ma di concordare la pena con l’accusa. Se l’è cavata con 4 mesi di reclusione, ovviamente con pena sospesa. E, probabilmente, una lezione. Che vale per lei, ma pure per chiunque abbia in atto una «guerra condominiale».

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