«Droga tra i giovani, la colpa è degli adulti»

Federico Samaden: «C'è una responsabilità diffusa per ogni giovane vita che cresce»

di Luisa Pizzini


«È molto tempo che sollecito le forze dell’ordine e qualsiasi autorità ad intervenire in maniera netta, e senza nessun imbarazzo, anche su ragazzi minorenni. È chiaro che non si può considerare un ragazzino un criminale ma una persona che ha imboccato una strada storta. E a Rovereto, osservando ciò che ho sotto gli occhi anche nella mia scuola, c’è una quota parte di minorenni che, purtroppo, si è avvicinata al mondo delle sostanze stupefacenti. La vera medicina è creare luoghi di forte relazione affettiva ed educativa». Federico Samaden, dirigente dell’istituto alberghiero di Rovereto, è un fiume in piena quando gli si chiede di poter capire meglio il mondo dei ragazzi. Ha un osservatorio privilegiato, quello che offre una scuola professionale che eccelle nel campo della formazione ma che allo stesso tempo «raccoglie le situazioni più difficoltose». E ha un’esperienza alle spalle, quella di responsabile della comunità di recupero di San Patrignano, che gli permette di parlare con cognizione di causa di un fenomeno tanto delicato e complesso qual è quello della droga.

Perché dei ragazzi, giovanissimi, organizzano un traffico di sostanze stupefacenti? Perché fanno uso di queste droghe? È di lunedì la notizia dell’operazione «Filzia - Hui» dei carabinieri di Rovereto che ha portato a 26 denunce (4 con misure cautelari) per questi «baby spacciatori». Perché accade? «Di sicuro non per caso», risponde Samaden. «Ma perché c’è stato un progressivo e dissennato modo di affrontare il problema della droga. C’è una sottocultura che crea confusione ai ragazzi, rendendogli possibile usare le sostanze. Il loro livello di percezione della gravità si è abbassato e la responsabilità è degli adulti che da anni continuano a confondere le idee dei più giovani con messaggi contradditori. A cominciare dalla difesa dell’idea che ci siano delle sostanze “leggere”. Ormai è avvenuto, è un danno su cui non si può mettere una “pezza” e una delle conseguenze è proprio questa, il fatto che i ragazzi sostengano che assumere droga non è un problema».

Naturalmente non c’è un’unica causa. E qui entra in gioco anche il ruolo della famiglia. «Se aggiungiamo che contemporaneamente c’è stata una caduta dei livelli di responsabilità familiare, con i genitori che hanno perso di forza nei percorsi di educazione dei propri figli, capiamo che questi due elementi hanno portato ad un aumento della confusione in età adolescenziale. I ragazzi si trovano in una terra di mezzo da cui fanno fatica ad uscire. È molto più di una fase dell’adolescenza, perché quella permette di crescere ma anche di uscirne. Invece c’è un perdurare di questa fase intermedia, che va dai 14 ai 18 anni, in cui i ragazzi non vengono aiutati a prendersi le proprie responsabilità. E questa non è una colpa, ma una condizione che subiscono». Samaden li incontra ogni giorno questi giovani che hanno un concetto molto labile di fatica, rinuncia, impegno. «Questo è imputabile a ciò che noi gli proponiamo - sostiene - A partire dalla famiglia, ma non solo. C’è una responsabilità diffusa per ogni vita giovane che cresce».

Un potere ben più forte, soprattutto nei confronti di chi è più fragile, ce l’ha il mercato della droga. «Che non è occasionale - spiega il preside - ha vere e proprie strategie, con l’unico fine che è quello di allargare il proprio numero di utenti. Strategie di prezzo, di comunicazione. Oltre al fatto che on line, ormai, si può comperare tutto e questo aumenta il coinvolgimento dei ragazzi». Sotto la lente d’ingrandimento c’è «tutto quello che ha a che fare con la relazione adulti-giovani, che ha diverse criticità in questo momento» riconosce Samaden. «Serve un’operazione di formazione sui genitori per dargli un minimo di ragionamento per affrontare il dialogo con i figli. La seconda cosa è fare in modo che questi ragazzi arrivino al contatto con le sostanze avendo già maturato un pensiero. Questa è la scommessa grossa: usare l’età dai 12 anni ai 14 per spingerli a ragionare su questo tema. I divieti servono solo se c’è dietro un ragionamento».

comments powered by Disqus