Estorsione via Facebook Condannato a tre anni

Pagate a caro prezzo le minacce via web

di Chiara Zomer

Forse gli sarebbe andata male comunque. La testimonianza della parte lesa era pesante abbastanza da inguaiarlo nonostante tutto. Ma certo il ventenne finito ieri mattina davanti al giudice per l'indagine preliminare Monica Izzo ha fatto di tutto per inguaiarsi da solo. Perché per l'accusa di estorsione - questa l'imputazione di cui doveva rispondere - serve la violenza e servono le minacce. E quelle, il giovane, le aveva affidate al web. Perché lui è moderno. Quindi comunica con facebook. Lo fa con gli amici, lo fa pure con quelli che sono diventati suoi nemici. Peccato che quelle frasi non si limitino a restare nell'etere, ma rimangano a imperitura memoria dei tuoi pensieri. E, se serve, finiscono dentro il fascicolo di un pm. Difficile poi spiegare ad un giudice che stavi scherzando. Il risultato è facilmente prevedibile: condanna. E nemmeno tanto leggera, perché il reato non è banale: tre anni per estorsione. Se l'è cavata invece per lo spaccio, per cui è stato assolto. 

La vicenda è intricata e risale all'autunno di un anno fa. Protagonisti due ragazzi. Il primo, 23 anni di origini marocchine, si è presentato a novembre 2014 dai carabinieri, dicendo di essere vittima di un'estorsione. Volendo acquistare della droga, in particolare marijuana, si era rivolto ad un conoscente di origini albanesi, vent'anni appena. Aveva ordinato della marijuana ma non aveva pagato. Da lì sarebbero partite minacce e violenze. La denuncia, come detto, risale a novembre, ma i fatti erano precedenti, un mesetto prima circa. A testimoniarli, ha sempre sostenuto la parte lesa, i referti medici, che parlavano di lesioni anche serie: in un caso se l'è cavata con una prognosi di tre giorni, in un altro però la convalescenza è stata di 30 giorni. E poi, come detto, c'erano le minacce su facebook: «Quando ci vediamo ti spacco la faccia».

O, relativamente ai soldi, conversazioni che facevano chiaro riferimento al debito: «Non mi dire che non ce li hai». Per inciso, un debito da poco o niente. Si parlava di circa un centinaio di euro. Davanti ai certificati medici e alle minacce sul web, il ventenne albanese è finito nei guai seri. Prima i domiciliari, poi il processo, con accuse pesantissime: estorsione, lesioni, spaccio di droga. Ieri, come detto, l'udienza definitiva davanti al Gup. Al termine della quale il ventenne deve aver maledetto la sua passione per i social network e soprattutto la sua poco brillante idea di rimarcare le minacce via web. 

In realtà lui al giudice ha raccontato una versione un po' diversa. Parlando della parte lesa - che candida non è: è noto alle forze dell'ordine per fatti analoghi - ha assicurato di non aver mai venduto la droga. In realtà sarebbe andata al contrario: sarebbe stato l'imputato a cercare di acquistare la marijuana dalla parte lesa. Avrebbe pagato quei cento euro di anticipo e avrebbe atteso la droga senza mai riceverla. Da qui gli screzi. Da qui soprattutto - ha assicurato l'imputato - un paio di schiaffi effettivamente assestati sulle guance del creditore. Ma nulla di più. Nella stessa sera in cui si sarebbe verificata l'aggressione - questa la tesi - la parte lesa sarebbe rimasta suo malgrado coinvolta in una rissa in centro città. Da lì - e non da una lite a due - sarebbero derivate le lesioni.

Una tesi che tuttavia non ha retto al vaglio del giudice. E probabilmente non ha retto anche per via di quelle frasi affidate a facebook. Che davano un'immagine di aggressività che ben si sposava con le imputazioni. Risultato: è caduta l'accusa di spaccio, non quella di estorsione: tre anni e 800 euro di multa.

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