Colombo come il Papa «L'ergastolo pena assurda»

In Italia il 68% delle persone che escono dal carcere commettono nuovi reati. Due persone su tre. All'estero dove si usa la cosiddetta «giustizia riparativa», con alternative al carcere, la recidiva è ridotta al 26%. Una persona su 4 commette ancora reati. Sono dati che  Gherardo Colombo menziona per spiegare perché sarebbe opportuno puntare su una giustizia capace di perdonoI tuoi commenti

di Alberto Piccioni

carcereIn Italia il 68% delle persone che escono dal carcere commettono nuovi reati. Due persone su tre. All'estero dove si usa la cosiddetta «giustizia riparativa», con alternative al carcere, la recidiva è ridotta al 26%. Una persona su 4 commette ancora reati.
Sono dati che Gherardo Colombo menziona per spiegare perché sarebbe opportuno puntare su una giustizia capace di perdono. Il magistrato, ora ritiratosi dalle aule di tribunale per occuparsi anche di educazione alla legalità con i giovani, sarà a  Rovereto oggi alle ore 20.30  (presso la  casa natale di Rosmini, corso Rosmini 28 ) per inaugurare una serie di incontri dal titolo «Sete di Giustizia», organizzati dall'Università di Trento, Biblioteca Rosminiana e Comune di Rovereto. Abbiamo sentito al telefono Gherardo Colombo.
Si può perdonare quando a farlo è lo Stato e non siamo nell'ambito della religione, della spiritualità?
«Esistono già l'amnistia e l'indulto. C'è anche la "grazia" come contaminazione tra i due concetti, quello religioso e quello "legale" di perdono».
Ma cosa s'intende per giustizia? Durante il fascismo c'erano le leggi razziali e si doveva, per legge, discriminare e perseguitare gli ebrei. Anche quella era "giustizia"?
«In questo caso come in altri si parla di una giustizia amministrativa. Ma più che altro noi parliamo di ingiustizia non quando non vengono applicate le leggi. Capita che qualcuno perda il lavoro, la casa, viene perseguitato: è quì che noi invochiamo la giustizia. Contemporanemente dunque essa indica un punto di rifermento, un "valore", così come un apparato, l'amministrazione della giustizia. Quando la seconda corrisponde alla prima? Facendo tale connessione dobbiamo chiederci se la giustizia come strumento in mano allo Stato debba avere come scopo la punizione di chi infrange la legge oppure il suo recupero».
L'ergastolo non ha senso: lo ha detto il Papa Francesco ultimamente.
«Nel nostro sistema giuridico è una contraddizione: l'articolo 3 della Costituzione riconosce la dignità di tutte le persone. Nell'articolo 27 si dice: la pena deve tendere alla rieducazione del condannato e non può consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. Mettiamo assieme queste tre cose e l'ergastolo è assurdo: non si recupera una persona se lo lasciamo in carcere tutta la vita. Non c'è reinserimento nella società».
Per qualsiasi tipo di reato?
«In Norvegia non esiste l'ergastolo. Al signor  Andres Brevick  che nel 2011 uccise 69 giovani a Utøya hanno dato il massimo della pena: 20 anni. Tra vent'anni quella persona sarà la stessa della strage?».
Il perdono però per chi ha commesso delitti gravi viene vissuto, anche dai giovani, come una sorta di «ingiustizia», si dice: ma come? uno che ha fatto una strage sarà fuori di galera dopo solo vent'anni?
«Perché ancora molti nostri ragazzi sono stati educati all'esistenza di una correlazione strettissima e non transigibile tra violazione e punizione. Tornando al perdono: non credo che significhi "amici come prima". Implica una duplice responsabilità da parte di chi perdona e da chi riceve il perdono. Si tratta di una disponibilità a riconoscere l'altro perché è persona piuttosto che giudicarlo per quel che ha fatto. Se ogni cittadino ha pari dignità è perché ogni cittadino è persona. Indipendentemente dal comportamento. Questo concetto, molto legato alla religione, possiamo trasportarlo alla vita civile intendendolo come disponibilità alla riaccoglienza. A quel punto possiamo domandarci se esistono della alternative alla prigione. Perché i norvegesi non si scandalizzano di fronte alla vicenda di Brevick? Perché diversa è la cultura della giustizia».
Dunque ci vuole un modello alternativo di giustizia?
«Esiste in Europa l'alternativa alla giustizia retributiva, che recita: occhio per occhio dente per dente. Si chiama "giustizia riparativa" che consiste in un percorso attraverso il quale la vittima e il colpevole siano accompagnati ad un incontro che consenta alla vittima di riparare quel che si è rotto al suo interno e al responsabile di rendersi conto del male che ha fatto senza per questo essere distrutto dai sensi di colpa».
Anche nel caso dell'omicidio?
«I parenti della vittima diventano le vittime con cui avviare il processo. Certo che non si può resuscitare un morto. Premesso che una persona pericolosa deve stare lontano dalla società, rispettando la sua dignità. Ma se uno non è pericoloso ha senso metterlo in prigione, a meno che non si ritenga la vendetta cosa giusta?».

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