Vuole aiutare la coppia di amici, ma ci rimette 22 mila euro

Chi lo conosce lo descrive come una persona buona, davvero buona, sempre disponibile ad aiutare il prossimo e a farsi in quattro per gli altri, arrivando anche a mettere mano al portafoglio se qualche amico ne aveva bisogno. Un altruismo genuino e sincero che in parte derivava dalla sua educazione religiosa ma che può diventare un problema se sulla tua strada incroci persone che viceversa non si fanno scrupoli di nessuno e di niente pur di raggranellare denaro senza far fatica.

L’«altruista» (un rivano di 56 anni) e i presunti «malfattori» (due in tutto, una donna sempre di Riva che di anni ne ha 57 anni e il convivente toscano di 52) sono i protagonisti di una brutta storia consumatasi a Riva del Garda dalla fine del 2014 alla metà del 2016 e venuta alla luce ieri davanti al gup del tribunale di Rovereto Riccardo Dies nel corso della terza udienza con «rito abbreviato» a carico dell’uomo e della donna che devono rispondere dei reati di «circonvenzione d’incapace» e «tentata estorsione».

Secondo la ricostruzione dell’accusa (il fascicolo d’inchiesta è nelle mani del pm Valerio Davico) la vittima e la donna si conoscono sul posto di lavoro e diventano amici. Ad un certo punto lei gli dice che deve operarsi agli occhi ma che non ha soldi e l’uomo le dà quasi 10 mila euro.

La donna si trasferisce a Siena, va a convivere con l’altro imputato toscano e anche quest’ultimo bussa a quattrini dall’uomo raccontandogli che gli è morta la mamma ma non ha i soldi per farle un degno funerale e seppellirla. La vittima disinveste alcuni risparmi, garantisce che potrà dar loro 30 mila euro ma alla fine ne consegna «solo» 22 mila. L’imputato s’infuria, i due dicono alla vittima che se non rispetterà i patti andrà all’inferno e così l’uomo pensa addirittura di fare la cessione del «quinto di stipendio» per aiutarli.

Alcuni intoppi burocratici impediscono la casa ma l’uomo firma e consegna un assegno di 8 mila euro come garanzia precisando però che è scoperto e quindi i due non possono ritirarlo. 

A questo punto i due imputati vanno oltre. Il loro progetto è di comprar casa a Siena e puntano a farlo coi soldi dell’operaio rivano, cercando di convincerlo a vendere la sua a Riva per investire nella suggestiva città toscana. Per essere «persuasivi» gli dicono che se non li aiuta andranno in banca con l’assegno scoperto e lui passerà un mare di guai.

A questo punto la vittima va dai Carabinieri, preoccupato più che altro da quello che gli potrebbe accadere se i due dessero seguito alle loro minacce. I militari vogliono vederci chiaro, capiscono che c’è puzza di bruciato e indagando scoprono tutta la storia. Col risultato che la donna rivana (difesa dall’avvocato Paolo Bonora di Arco) e l’amico toscano (legale di fiducia l’avvocato Claudio Malfer di Riva) finiscono appunto indagati prima e imputati poi per «circonvenzione d’incapace» e «tentata estorsione».

La donna rivana nel frattempo ha già risarcito 6 mila euro e restituito all’ex amico e vittima l’assegno scoperto, alleggerendo la sua posizione. Si torna in aula il 5 aprile anche perché ieri l’imputato toscano non si è presentato in aula adducendo un torcicollo. E il giudice Dies ha ordinato la visita fiscale il giorno prima della prossima udienza, a scanso di brutte sorprese.

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