Street art: un film per raccontarla

Protagonista la crew dell'Alto Garda

di Roberto Vivaldelli

Un documentario che racconta attraverso immagini, disegni e parole il fenomeno del «graffittismo» - o «street art» -  nell’Alto Garda, dagli albori a oggi. Un fenomeno in espansione crescente che trova sempre più entusiasmo e seguaci nelle generazioni più giovani, finalmente riconosciuto anche dalle istituzioni.  Promosso dall’Associazione Andromeda nell’ambito del progetto «Street art - Keep it real» del Piano giovani di zona, il documentario curato da Roberta Bonazza e Luciano Stoffella - che ha raccolto una serie di interviste che compongono il mosaico di uno straordinario ed energetico gruppo di writer di Riva, Arco e Dro - è stato proiettato per la prima volta l’altra sera al centro giovani «Cantiere 26» di Prabi.   

Protagonisti assoluti dunque le opere di Nacho Portilla, Francesco Tonoli - in arte «Ciano» - Tiziano Tonoli - «Libra» - Filippo Menolli «Meno», Paolo Leoni e molti altri ragazzi e ragazze che si cimentano nell’arte dei graffiti. Seguiti in prima persona durante la lavorazione dei sottopassi di San Martino e di via Santa Caterina, nonché alcuni spazi a Dro e Drena, i giovani artisti hanno raccontato i segreti di quest’arte che fa parte della grande sottocultura dell’hip hop nata nella «East Coast» americana all’alba degli anni Settanta, e in particolare tra i ghetti di New York City.

«Il muro è un elemento molto importante per un writer - racconta Paolo Leoni - è un andare alla ricerca della parete giusta, al fine di mettersi in mostra, far vedere che si ha qualcosa da dire». «Tutto è nato per puro caso - racconta una delle «crew» di ragazzi intervistati - dipingevamo ognuno per i fatti propri e un giorno abbiamo capito di avere questa grande passione comune e abbiamo deciso di aggregarci. Prima abbiamo disegnato dei pezzi su carta, poi è arrivata la decisione di dipingere e realizzare i primi lavori. Una crew non ha scale gerarchiche, non ha un capo, siamo tutti sullo stesso livello, ci mettiamo d’accordo su come sviluppare i pezzi e concordiamo ogni cosa. Nasce tutto molto naturalmente e dall’amore per l’hip hop».

«Dapprima ci siamo avvicinati all’hip hop e poi al writing - spiegano Francesco Tonoli in arte «Ciano» Tiziano Tonoli «Libra», graffitari di lunga data -. Abbiamo iniziato andando in edicola, poiché internet non era ancora molto diffuso, dove si compravano dei giornali di settore da cui attingevamo alcune delle idee per le nostre opere. Quando abbiamo iniziato la scena del writing dell’Alto Garda era in fermento, c’erano moltissime crew all’attivo». «Sono tanti anni che dipingo - spiega «Nacho», presente anche in sala l’altra sera, che ha seguito il progetto del documentario in prima persona insieme a «Meno» - vengo dal Cile e ho cominciato là quando avevo 16 o 17 anni, poi ad Arco ho incontrato Ciano. Ai tempi, quando sono arrivato, le cose erano molto diverse e i graffiti non erano riconosciuti e diffusi come oggi. Ho iniziato scrivendo il mio nome, poi ho voluto farne una forma d’arte».

L’obiettivo della regista Roberta Bonazza era quello di produrre e realizzare una fotografia fedele e realistica del fenomeno: «Per me era un mondo completamente nuovo - ha spiegato Bonazza l’altra sera - per cui non avevo nessun tipo di preconcetto verso questa realtà. È stato molto bello incontrare i ragazzi e passare del tempo con loro. Non volevo aggiungere nessun tipo di retorica o di sovrastruttura. È stata una vera sorpresa scoprire che nell’Alto Garda c’era una storia legata a questa forma d’arte». «L’entusiasmo e la passione dei writers e la volontà dell’associazione di dare sempre maggior spazio a questa forma d’arte e capacità organizzativa ed artistica dei giovani - ha inoltre aggiunto la presidente di Andromeda Ginetta Santoni - continuano a creare nuove occasioni di incontro e di lavoro».

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