Addio a Vittorio Antonioli Era il medico dei rivani

Se n'è andato esattamente come aveva previsto sei mesi, cioè a fine primavera, lasciando anche la pizza pagata - l'incarico è stato trasmesso alle figlie - all'amato coro del Varone che lunedì, alle 14.30, interverrà per le esequie in parrocchiale

di Davide Pivetti

«Quando arrivo di là vi mando un fax». Così Vittorio Antonioli, dimostrando fino all'ultimo l'intelligenza e la forza che ne hanno contraddistinto l'esistenza e l'attività di medico, ha scherzato pochi giorni fa sulla fine che si stava avvicinando. E poi un bel selfie , con le figlie, con tutta la grande famiglia degli Antonioli, che ieri per tutto il giorno ha ricevuto decine di persone nella grande casa di via Ballino.

Vittorio Antonioli è stato il medico dei rivani per decenni. Un grande medico, un uomo appassionato al suo lavoro, alla sua missione. Capace di accogliere chiunque e a qualunque ora, di uscire nel cuore della notte per una chiamata, di capire al volo se il male era fisico o dell'anima. Se n'è andato esattamente come aveva previsto sei mesi, cioè a fine primavera, lasciando anche la pizza pagata - l'incarico è stato trasmesso alle figlie - all'amato coro del Varone che lunedì, alle 14.30, interverrà per le esequie in parrocchiale.

Un uomo tutto d'un pezzo, dai tratti a volte burberi ma in realtà di una immensa umanità. Originario del Polesine arrivò prima a Lona Lases e poi a Riva come medico condotto. Interprentando con grande spirito e responsabilità il ruolo. Migliaia di rivani sono passati dall'ambulatorio al Varone, vicino all'«Alberello» e dal secondo ambulatorio, in viale Lutti, davanti al liceo. Era dottore e ginecologo, ma anche medico del lavoro specializzato nelle questioni assicurative. «In queste ore continua a bussare gente che ci racconta come nostro padre li abbia curati, salvati, sostenuti» raccontavano ieri le figlie nella casa di Varone.

E dopo infinite giornate a visitare i pazienti, girando spesso in bici e rientrando a mezzanotte, il dottor Antonioli si rimetteva sui libri, per studiare ancora: «Lo ha fatto fino all'ultimo, usando anche internet, il computer, senza mai stancarsi. La medicina era una grande passione» aggiungono le figlie.

Un professionista ma anche un uomo umile: «Chi sono io per giudicare» amava ripetere citando Papa Francesco. Poco incline ai pubblici riconoscimenti, è stato premiato pochi mesi fa dal Rotary club di Riva che proprio lui, più di 50 anni fa, aveva contribuito a fondare con pochi amici. «È sempre stato un faro all'interno del club, nonostante l'età avanzata ha sempre frequentato i nostri appuntamenti - dice, commosso, il presidente rotariano Germano Berteotti - figura autorevole, di grande cordialità e con la capacità di essere amico di tutti. È sempre stato un piacere averlo accanto».

A proposito di amicizia non si può non ricordare quella grande con Ruggero Polito, pretore, giudice e presidente di tribunale, scomparso due anni fa. Due figure per certi aspetti simili, che si intendevano al volo, che mancano e mancheranno alla città. Tra le passioni di Antonioli c'era la Sacra Sindone, alla quale avrebbe voluto dedicare la tesi di laurea. Gli riuscì comunque di approfondire il tema con studi e conferenze. Un sogno, una richiesta che Antonioli aveva avanzato alla politica locale, era quella dell' hospice altogardesano. Una struttura che riteneva essenziale e che invece, ancora oggi, manca in Busa.

Saranno in tanti lunedì a voler salutare il medico dei rivani e ad abbracciare la moglie Anna (dietro ad un grande uomo c'è sempre una grande donna) e le quattro figlie Serena, Marina, Nicoletta e Annalisa, oltre ai cinque nipoti e ai due pronipoti.

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