Villa de Lutti, il futuro incerto di un luogo tanto caro ai rivani

di Davide Pivetti

Generazioni di rivani hanno pedalato da ragazizni fino alle pendici del Brione nelle calde estate di una volta. Fermandosi poi incantati di fronte al profilo misterioso di Villa de Lutti.

La splendida residenza della famiglia omonima, ancora oggi viva e vissuta grazie all’avvocato Giovanni de Lutti e alla moglie, che vi risiedono stabilmente, è certamente tra i gioielli architettonici del Trentino, anche se ingiustamente poco nota al di fuori del contesto rivano.

In quanto residenza privata e abitata è piuttosto raro potervi accedere, così - un po’ com’è stato per la centrale idroelettrica - i rivani hanno dovuto aspettare un’occasione straordinaria per scoprire la ricchezza di quel luogo.

Proprio grazie alla disponibilità dei proprietari, la villa ha infatti aperto ieri in occasione di «Palazzi aperti», così come Palazzo Marchetti ad Arco. Due visite, una al mattino col sole, l’altra al pomeriggio col temporale, che hanno lasciato a bocca aperta i fortunati che vi hanno potuto partecipare. A fare da guida, assai preparata e sempre appassionata, la professoressa Maria Luisa Crosina, accompagnata proprio dall’avvocato Giovanni de Lutti.

Il suo racconto parte dal XIII secolo, quando si hanno le prime notizie sulla chiesetta di S.Alessandro nel luogo ove ora sorge la villa. Originari di Poja, nelle Giudicarie, i de Lutti si erano stabiliti a Riva alla fine del ‘500 e nel 1756 erano subentrati alla famiglia dei conti Clari nella proprietà del territorio di S.Alessandro. L’antica chiesetta, ormai in disuso, fu trasformata col consenso del vescovo in cappella. Per più di trent’anni nessuno si oppone, ma quando a Riva si diffonde l’epidemia di colera del 1836, gli abitanti del borgo, in tumulto, rivedicano l’uso del luogo di culto. Ne nasce una lite giudiziaria che si conclud nel 1856, qaundo Vincenzo de Lutti propone al comune di costruire a sue spese una nuova chiesa in paese in cambio del pieno possesso della futura Cappella.

La villa risale agli anni ‘60 dell’Ottocento ed è opera dell’architetto vincentino Jacopo Caregaro Negrin, portato a Riva da Andrea Maffei, grande amico di famiglia. È un luogo che profuma profondamente di rivanità: «Qui vengono studenti e studiosi interessati allo stesso Maffei, al Craffonara, al Baruffaldi, al Prati - dice l’avvocato de Lutti - noi quando possiamo apriamo le porte del complesso, così come abbiamo fatto per questa occasione particolare. Ma è una disponibilità che non potremo avere per sempre. Perché sia visitabile un complesso del genere ha bisogno di costanti attenzioni e manutenzioni e senza alcun aiuto né contributo, come è stato negli ultimi decenni, non so se potremo ancora riaprire quel cancello».

Il magnifico complesso domina la piana rivana. Tre ettari di verde, un parco, terrazzamenti imponenti, olivaia e limonaia, cipressi robusti e sani. Solo una parte ora è abitata. Una sfida contro il tempo che scorre. La comunità rivana e trentina deve iniziare a ragionare sull’importanza di questo luogo per la città e anche per il suo turismo. Villa de Lutti deve avere un futuro all’altezza del suo passato.

IL VIDEO - VILLA DE LUTTI PER "PALAZZI APERTI"
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