Ad Arco consumo scriteriato del suolo; Mnemoteca accusa

«Consumo scriteriato del suolo e sviluppo edilizio spesso speculativo, privo di una visione urbanistica di ampio respiro, per nulla giustificato dalle esigenze della comunità». Sono parole dure quelle dell’associazione «Mnemoteca» del Basso Sarca che da tempo si occupa del paesaggio dell’Alto Garda e delle sue trasformazioni, raccogliendo testimonianze per documentare il cambiamento attraverso il vissuto degli abitanti. Un intervento pubblico anomalo, perché è la prima volta che l’associazione presieduta da Beatrice Carmellini interviene con forza nel dibattito su ambiente e sviluppo urbanistico. Ma per questo ancor più significativo.

«Nessuno è così ingenuo e ancorato al passato - scrive l’associazione - da credere che questo ambiente possa e debba rimanere incontaminato e statico, tutti vorremmo però che lo sviluppo avvenisse in modo più equilibrato, coniugando le esigenze produttive con il rispetto del territorio e la valorizzazione di nuove forme di economia con esso compatibili. Per anni in passato si è pensato che in un contesto così fragile e geograficamente limitato si potesse fare di tutto, ma ciò ha innescato un consumo scriteriato del suolo e uno sviluppo edilizio spesso speculativo, privo di una visione urbanistica di ampio respiro, per nulla giustificato dalle esigenze della comunità».

«I limiti di questo agire - prosegue l’associazione di promozione sociale - sono stati brutalmente evidenziati dalla crisi economica, che ha messo in discussione il disordinato modello di sviluppo, ma non è bastata purtroppo a fermare la speculazione edilizia: ed ecco la lunga serie di capannoni invenduti al posto di fertile terreno agricolo, ecco i centri commerciali sovradimensionati e forse già di vecchia concezione, i condomini in mezzo alla campagna e i residence - come l’Olivenheim - che hanno invaso l’olivaia, ecco le vecchie stradine spianate, i vecchi sentieri pavimentati, le varianti che prevedono colate di cemento».

«Non vogliamo entrare nel merito dei fatti di queste ultime settimane, che vedono indagati sia imprenditori del settore privato che amministratori pubblici (e dovrebbero questi ultimi dimettersi, per motivi etici, a prescindere dagli esiti giudiziari) - si legge ancora nella nota della Mnemoteca - Vorremmo però che questi fatti offrissero l’occasione per ripensare il futuro del nostro territorio. I tempi sono già cambiati, i cittadini - e per il nostro lavoro ne vediamo tanti -  sono stanchi di promesse non mantenute, di sentirsi impotenti e poco ascoltati, e guardano molto più avanti della nostra classe dirigente. Sarebbe forse utile un momento di autocritica sia della politica che delle imprese, per capire dove si è sbagliato nel passato e formulare nuove idee, per elaborare un piano di sviluppo che valorizzi l’esistente e non si limiti a tagliare costi e contrarre risorse. Preoccupa l’atteggiamento delle istituzioni pubbliche, che dovrebbero avere una visione ampia dei problemi, delineando percorsi virtuosi. Purtroppo gli amministratori locali non sembrano aver compreso che l’ambiente è un bene limitato e in pericolo, e che la nostra ricchezza sta nella interconnessione fra paesaggio, agricoltura, turismo e attività per il tempo libero; si muovono ancora in un’ottica vecchia e superata, dunque via libera al cemento che “crea posti di lavoro” e alle perequazioni che non portano vantaggi alla comunità. Asserviti agli interessi di pochi, senza mai un atto di coraggio per interrompere la catena».

L’associazione punta ad aprire una riflessione pubblica «che non s’interrompesse, su temi che hanno assoluto bisogno di essere progettati e condivisi con passione e con una più accorta lungimiranza».

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