Centri commerciali no-stop, chiusure obbligatorie in Friuli

di Giorgia Cardini

La lettera della commessa di un negozio dello Shop Center Valsugana, che ha scritto al sindaco di Pergine Roberto Oss Emer denunciando una situazione lavorativa esasperante, caratterizzata da un’elevata precarietà e da turni di sette giorni su sette, riapre una vecchia questione che negli anni scorsi ha visto muoversi più volte anche i sindacati. Ma invano. 
 
Il segretario trentino di Filcams-Cgil Roland Caramelle, commenta: «La sbornia consumistica partita un ventennio fa ormai mostra la corda; è di tutta evidenza che ciò ha un diretto collegamento con quello che è il potere di acquisto della popolazione. Non si può pensare che ci siano consumi in aumento quando anche in Trentino si registrano continuanente crisi aziendali, licenziamenti e casse integrazioni».
Questo comporta un calo di vendite e di fatturati: «Magari su Trento città c’è ancora una tenuta, per via dei tanti provinciali e dei duecentomila trentini che gravitano sul capoluogo per lavoro o studio, ma in altre zone del Trentino c’è una forte depressione. In particolare, in Valsugana e Vallagarina vediamo che c’è un effetto sui consumi, mentre cala lo scontrino medio e la gente spende meno anche perché fa acquisti più selettivi». 
 
In questa situazione, aumentare i punti vendita (come si profila a Trento con l’insediamento di nuove catene della grande distribuzione, ad esempio), comporta per Caramelle solo «un aumento di concorrenza che avrà un impatto negativo sui lavoratori, con problemi di mancato rinnovo dei contratti». La legislazione non aiuta, creando condizioni per l’aumento della ricattabilità degli addetti commerciali, così come non aiuta il decreto Salvaitalia che ha consentito l’apertura anche 24 ore su 24.
E allora? «Uno dei compiti della politica, soprattutto provinciale, è quello di avere più attenzione per le persone.
 
Per questo, si dovrebbe prendere esempio da quanto fatto in Friuli Venezia Giulia»Lì dal 1° novembre 2016 è scattato l’obbligo di chiusura per dieci festività: 1 gennaio, Pasqua, lunedì dell’Angelo, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1° novembre, 25 e 26 Dicembre. Obbligo accompagnato da sanzioni fino a 20mila euro per chi non lo rispetta. Sulla norma, è battaglia al tar e si ariverà fino alla Corte costituzionale. «Ma intanto il primo ricorso è stato respinto. E, al di là di come finirà, è un segnale politico importante - commenta Caramelle -: in una zona come la nostra, alla quantità bisognebbe prediligere la qualità, con un’offerta caratterizzante del territorio, mentre la diffusione dei centri commerciali e l’apertura esasperata ha portato solo omogeneizzazione e appiattimento».
 
Quanto allo Shop Center e ai problemi di sfruttamento denunciati dalla commessa nella sua lettera al sindaco di Pergine, il segretario della Filcams ricorda che «i negozi del centro commerciale di Pergine sono stati in passato quelli dove si sono usati di più i contatti atipici: prima che venissero messi al bando col Jobs Act, proliferavano addirittura i contratti di partecipazione in associazione dei lavoratori». Ai commessi si assicurava uno stipendio in parte parametrato agli utili. Se questi non c’erano, gli addetti potevano dover rispondere persino delle passività... 

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