Pergine: una, nessuna, centomila: si riparte dal teatro in cerca di un'identità

di Giorgia Cardini

«Di teatri, anche belli, ne abbiamo visti e ne vediamo, in giro per l’Italia. Ma non è facile trovarne uno nuovo, concepito così bene, in una piccola città. Complimenti a Pergine e complimenti ai ragazzi di Ariateatro che lo gestiscono».

Il riconoscimento di Michele Placido, risuonato nel teatro comunale di Pergine martedì sera, al termine di un indimenticabile «Re Lear», ha suscitato lo scrosciante applauso dei 490 che riempivano tutti i posti disponibili. Ma, soprattutto, ha sollevato un’ondata di orgoglio collettivo. L’orgoglio di avere a disposizione un «luogo» che non è solo proposta teatrale e cinematografica, ma la nuova «piazza» dove incontrarsi, scambiarsi idee, socializzare.

In poco più di un anno e mezzo dalla sua apertura, la compagnia che gestisce il teatro costato quasi 14 milioni ha contribuito infatti non poco a riavvicinare - anche al centro storico - una popolazione, quella perginese, che vagava smarrita tra i centri commerciali edificati negli anni Novanta, figli di una programmazione urbanistica a dir poco «confusa», come osserva l’architetto Alessandro Franceschini (leggi l'intervista completa). Un riavvicinamento che «sta portando benefici anche agli esercizi del centro», dice il presidente del Copi Luigi Ochner, e che soprattutto sta facendo ritrovare il gusto di uscire di casa a chi non l’aveva più, a chi si sentiva «assediato» dai volti sconosciuti che hanno portato Pergine, in tredici anni, da 16mila e oltre 21mila abitanti e a un ormai consolidato 9% di cittadini stranieri. Innesti che hanno confuso un’identità già poco marcata: «Una, nessuna, centomila», avrebbe titolato Luigi Pirandello.

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E in una città dotata di tutti i servizi (dal nuovo ospedale Villa Rosa al nuovo centro giovani #Kairos, dall’istituto superiore Curie che raccoglie tutti gli indirizzi alle nuove scuole materna e nido in costruzione in via Amstetten), la sfida più grande ora appare proprio quella di ricucire un tessuto urbano e sociale troppo slegati e di rivitalizzare il cuore urbano. Una sfida che dovranno raccogliere i nuovi amministratori, dopo le elezioni comunali di maggio.

«Solo una società coesa può progredire e progettare il futuro - scandisce il presidente della compagnia Ariateatro e titolare della Publistampa, Silvio Casagrande -. Il nostro obiettivo era quello di gestire il teatro, creando anche posti di lavoro perché questa disoccupazione fa paura. Al secondo anno, possiamo dire di essere soddisfatti. Ma la nostra esperienza non è nata con l’apertura del teatro, è stato un cammino lungo, iniziato al teatro delle Garberie e  progredito, fino ad attirare qui centinaia di persone, soprattutto perginesi, ma non solo».
Sono i dati sulle presenze a far capire il peso effettivo del teatro sulla Pergine che tornerà fra tre mesi alle urne, ad appena due anni di distanza dal precedente voto amministrativo: 53mila spettatori da settembre 2013 a fine maggio 2014, altri 13.259 da settembre a dicembre 2014. Ma ci sono anche una decina di posti di lavoro creati in teatro e otto nell’attiguo bar, sempre affollato e che propone una propria attività ricreativa e musicale.

«Pergine è un posto straordinario - prosegue Casagrande - e io sono un campanilista: voglio vederla viva, questa città, il più possibile». Viva, a cominciare dai luoghi che non lo sono più. Per esempio, l’Hotel Ideal, centralissimo ma chiuso da anni: «Il nostro sogno - annuncia il presidente - è recuperarlo come ostello, per ospitare anche compagnie teatrali e orchestre. Con uno studio di fattibilità, si potrebbe accedere ai contributi europei».

E c’è attesa anche per la biblioteca da 5,75 milioni, di cui è stato da poco approvato il progetto esecutivo: «Il teatro è sicuramente diventato un polo di attrazione e merita di essere completato», dice anche Franco Senesi, presidente della Cassa rurale che ha appoggiato fortemente Ariateatro nel suo percorso.

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Ma la città dev’essere viva soprattutto nei suoi luoghi all’aperto: lunedì sera alle 18, percorrendo via Crivelli e via Pennella, abbiamo contato dodici persone. Possibile, in una giornata di negozi aperti? «Purtroppo sì, il centro storico è stato pesantemente penalizzato dai centri commerciali», risponde il presidente del Copi Luigi Ochner: «Ma ora con le associazioni, il Comune e la Pro loco stiamo lavorando per tenere vivo il centro in tutte le stagioni». Per questo si sta pensando a organizzare un mercatino estivo: «Quello natalizio in cinque anni ha dato ottimi frutti e soprattutto quest’anno ha portato qui turisti che neppure sapevano dov’era Pergine e che forse torneranno anche in estate, per godersi i luoghi meravigliosi di cui siamo ricchi».

Ma quando torneranno dovranno trovare qualcosa in più delle bancarelle: «Mancano hotel di livello, B&B, affittacamere», dice il presidente degli oltre 100 commercianti che operano nella zona centrale: «E ora tutte le categorie devono lavorare insieme per consolidare un progetto turistico-commerciale che può assicurare a Pergine un futuro roseo». Un futuro che deve ripartire anche dalla ricucitura del centro con le frazioni, del centro con le sue perle, innanzi tutto il lago e San Cristoforo, umiliato da recenti costruzioni del tutto incoerenti con l’ambiente. Ochner ha lanciato recentemente l’idea di un viale alberato di collegamento, il Comune ha approvato un Piano della mobilità che prevede il completamento dei percorsi ciclopedonali ora monchi.

«Ma bisogna partire dal lago, per riqualificare San Cristoforo, non viceversa: se il lago è pulito, basta poco per attrarre turismo», dice il naturalista e vicepresidente di Acli Terra Giorgio Perini, protagonista in passato di battaglie come quella contro la «variante Mochena», ossia la nuova strada lungo il Fersina. «Pergine è un posto straordinario, ha una rete associativa enorme (oltre cento solo le associazioni culturali, una quarantina quelle di volontariato, ndr), ma il coinvolgimento delle persone deve essere molto maggiore di quello attuale». Come? «Il Comune dovrebbe affidare agli abitanti delle frazioni la manutenzione degli spazi comuni. Così si spingerebbero le persone a curare il territorio, a incontrarsi e si darebbero a quelle in difficoltà occasioni di socialità». E dalla socialità può rinascere una rete di solidarietà «quotidiana» tra le persone che aiuti Pergine a superare un momento davvero nero: «Se come cittadini ci occupassimo della manutenzione dei luoghi comuni e del loro abbellimento, senza aspettare progetti calati dall’alto, i soldi risparmiati potrebbero essere usati per finalità socio-culturali. Perché la cultura è essenziale anche per affrontare le crisi».

Lo dice anche lo svizzero Theo Schneider, perginese di adozione, gestore dell’hotel Il Castello che sovrasta la città e organizzatore di importanti esposizioni artistiche: «Abbiamo il dovere di costruire cultura per le generazioni che verranno, perché la cultura è l’unico bene che non si esaurisce durante il suo consumo, ma cresce con esso, generando nuove risorse».

 

L'ECONOMIA

«Una zona caratterizzata per la mancanza di caratterizzazione», non solo urbanistica ma anche economica. E se negli anni dello sviluppo tutto sommato «questo è stato un punto di forza, perché i diversi settori si compensavano a vicenda, nei momenti difficoltà l’assenza di un settore trainante si è fatta sentire». Pergine e l’area che fa riferimento al capoluogo hanno perso aziende e posti di lavoro (soprattutto nel settore edile ed estrattivo), turismo e commercio sono gravati da problemi irrisolti (un centro storico che resta poco attrattivo e uno sviluppo lacustre bloccato) «nel 2014 non ci sono stati segnali di inversione di tendenza ma alcuni indicatori macroeconomici dicono che nel 2015 ci sarà una svolta».
A dirlo è Franco Senesi, presidente della Cassa rurale di Pergine, osservatorio privilegiato per quanto riguarda l’andamento economico della zona. «I punti di criticità di Pergine sono noti da tempo - spiega - e stanno in questa mancanza di caratterizzazione. In anni negativi, a reggere sono state solo le zone ad alta vocazione turistica, agricola o di servizi pubblici. Ossia l’alta Rendena, la Val di Fassa, le valli di Non e Sole, la Rotaliana, l’Alto Garda. Tutti le altre hanno sofferto, Alta Valsugana inclusa».

A Pergine, in particolare, Senesi rileva che se l’industria ha tenuto abbastanza bene, per l’edilizia e tutto l’artigianato prosperato intorno al notevole sviluppo immobiliare sono ancora dolori. E dolori, di conseguenza, sono anche per la Rurale, che negli anni belli aveva il 40% degli attivi investiti nel comparto edilizio e ora è costretta a notevoli accantonamenti prudenziali dovuti alla crescita di sofferenze e incagli: «Il bilancio che stiamo chiudendo non sarà in perdita ma subirà notevoli contraccolpi a causa di questi accantonamenti».

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Ma scelte decise dell’amministrazione comunale potrebbero far recuperare a Pergine un’identità specifica e tenerla al riparo dalle congiunture negative? Senesi pensa che sia tardi, ma vede spazi di manovra almeno per quanto riguarda lo sviluppo agricolo: «L’Apaso è una bella azienda, ma l’agricoltura che ne deriva è di completamento del reddito familiare. Lo stesso discorso vale per mele e ciliegie. Si può però aumentare l’occupazione in questo settore e col Comune stiamo lavorando a un progetto di recupero dei terreni incolti che sarà pronto a breve. Il 2015 sarà l’anno del censimento delle terre disponibili».

Ci sono poi alcune partite immobiliari importanti, che dovranno impegnare la prossima amministrazione comunale: parliamo del recupero dell’area ex Cederna, degli Artigianelli e dell’ex ospedale Villa Rosa (dove il presidente del Copi Luigi Ochner situerebbe un hotel di lusso con centro wellnes e il naturalista Giorgio Perini un centro per lo sviluppo dell’agricoltura biologica).

Dice Senesi: «Il Comune dovrà essere propositivo sotto il profilo urbanistico per assicurare un utilizzo futuro a queste aree, che sono strategiche. Ma non ci sono risorse pubbliche e dunque dovranno essere i privati a ritrovare l’entusiasmo e a metterci del loro».
La Rurale ci spera, perché anche nel 2014 - a fronte di una raccolta aumentata - gli impieghi sono calati: non ci sono investimenti e anche i timidi segnali di ripresa occupazionale non convincono il presidente.

Per questo, tra le tante iniziative di sostegno all’economia di questi anni, la Rurale è attrice del progetto di apprendistato imprenditoriale. «In una situazione di difficoltà - spiega l’imprenditore Silvio Casagrande , che ha aderito al progetto - le persone esperte devono mettersi a disposizione ei giovani, per guidarli, consigliarli. Noi di Publistampa collaboriamo molto con le scuole: ora ho tre stagisti bravissimi e mi piange il cuore a pensare che, una volta finiti gli studi, non trovino lavoro e siano costretti a emigrare. Non è giusto e dobbiamo impegnarci al massimo per non perdere chi abbiamo formato».

 

I DATI: 1.200 PERSONE IN DIFFICOLTÀ

Nascono meno bambini a Pergine e le povertà aumentano. Non solo quelle materiali, mancanza di lavoro e denaro, ma anche quelle sociali.
Se da una parte ci sono famiglie che perdono la casa perché non hanno di che pagare l’affitto è evidente anche il bisogno di aggregazione, di sentirsi comunità, di stringere relazioni in una città piena di associazioni, ma che, con fatica, si apre alle novità e alle diversità.
Ad affermarlo sono alcune delle persone che quotidianamente si occupano di poveri ed emarginazione, ma anche di neo mamme (e dunque famiglie) che faticano a trovare spazi di confronto e occasioni d’incontro.

Emerge un quadro della città, soprattutto nel centro storico, ma poi anche nelle frazioni, che avrebbe ancora bisogno di trovare una sua identità «solidale», nonostante le tante associazioni e gruppi culturali più o meno «sulla carta». «Gli sfratti: le persone che restano senza casa perché non hanno i soldi per pagare l’affitto. Questo al momento è uno dei problemi più gravi che vediamo in città - spiega Rosalba Pilato, referente della Caritas diocesana a Pergine -. Spesso questa situazione è legata alla mancanza o alla perdita del lavoro».

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Alla Caritas, situata presso la canonica da quando la vecchia sede nella Provvidenza è in ristrutturazione, lo scorso anno sono arrivate circa 1200 persone in un anno (100 al mese) a cercare aiuto. L’80% sono stranieri, ma gli italiani sono in crescita: «Ultimamente, vediamo anche dei ragazzi italiani bussare alle nostre porte. Credo non sia un buon segno».  Alla Caritas possono fornire cibo, vestiti, un aiuto per pagare una bolletta ogni tanto. Ma ci vorrebbe altro: «A Pergine manca una mensa per bisognosi, così come ce ne sono a Trento, e noi non abbiamo al momento la possibilità di aprirla - spiega Pilato -: non esiste nemmeno un posto dove far dormire persone in difficoltà momentanea. Dobbiamo mandare tutti a Trento».

Per un livello di aiuto diverso, dal 2011 in città c’è la possibilità di accedere al credito solidale: una iniziativa sempre della diocesi in collaborazione con vari enti locali. A gestire questa forma di aiuto è Ezio Beber che fornisce alcuni dati: dal 2011 sono state analizzate un centinaio di domande, ma si è potuto concedere prestiti solo a 37 famiglie». Si possono ottenere fino a 3.000 euro con un tasso di interesse del 2,5% per casa, famiglia, lavoro o salute. Ma ci devono essere garanzie di poter restituire il prestito (per informa, telefonare dal lunedì al venerdì tra le 17 e le 18 al 3495462776 o e-mail a creditosolidalepergine@gmail.com).

Cristina Violi è fondatrice e anima del Gruppo Famiglie Valsugana: «Nascono meno bambini a Pergine e noi siamo i primi ad essercene accorti. Poche neo mamme lo scorso anno sono venute da noi. Non è un bel segnale anche perché le altre attività quest’anno hanno meno iscritti del solito». Il Gruppo Famiglie ha una serie di attività laboratoriali, alcune a pagamento: non sono grandi costi, ma si vede che le famiglie a Pergine non hanno nemmeno quel poco per partecipare. Vanno bene invece le attività del Riuso, che è diventato uno spazio permanente. Non sono solo gli stranieri a frequentarlo: la crisi (ma forse anche un maggior senso di responsabilità) ha avvicinato anche gli italiani alle buone pratiche del riuso e della sostenibilità ambientale.

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