Val di Sole, culla di farfalle rare

di Lara Zavatteri

Esiste in natura una specifica farfalla che, quando ancora deve svilupparsi, viene «allevata» in un formicaio. Si chiama «Maculinea arion», è una specie rara ed è stata rinvenuta nei prati della val di Sole, durante uno studio, ancora in corso, della dottoressa Melania Massaro del Muse (Museo delle Scienze) di Trento che durante l’estate ha «mappato» 26 prati umidi di fondovalle, vicini al fiume Noce e 12 prati più secchi, sulla sinistra orografica del torrente, più lontani dall’acqua, cercando di comprendere quali sono le farfalle che popolano la valle. 
 
Se n’è discusso durante la serata «Le farfalle dei prati della Val di Sole» curata dal Parco Fluviale Alto Noce e inserita nell’iniziativa «I martedì dello scazzone» alla sala assemblee della Comunità di valle. Come ha spiegato l’esperta, la Maculinea arion è stata vista in luoghi come Vermiglio (verso Ossana), Mezzana, Pellizzano e per svilupparsi ha bisogno di una pianta nutrice come il timo e di entrare in simbiosi con un tipo di formica che le permette di diventare da bruco farfalla, appunto all’interno del formicaio. 
 
Pur essendo rara questa farfalla è stata trovata in valle, così come la «Parnassius Apollo» (nella foto), protetta a livello europeo che è stata rinvenuta, ad esempio, ad Arnago e rivista in quasi tutte le località solandre coinvolte. Perché le «Apollo» si sviluppino hanno bisogno delle piante dei muretti a secco ed è un’altra specie che è stata trovata anche in maniera abbondante. Tra l’altro proprio la Apollo fa parte del progetto del Parco «Insetti nella Rete» promosso sul sito (www.parcofluvialealtonoce.tn.it) dove si possono segnalare insetti e piccoli animali visti in valle. Melania Massaro ha spiegato come si aspettasse di trovare alcune specie e invece di non vederne altre, mentre in valle sono state «campionate» circa 200 specie di farfalle diurne. 
 
Tra le curiosità, diversi tipi di Vanesse si nutrono di ortiche, pianta essenziale per la loro sopravvivenza durante lo sviluppo, mentre tra le altre presenti in valle anche la «Pieris napis», di colore bianco, la «Occhio di pavone», una fra quelle tra le più conosciute, che sembra avere un occhio dipinto sulle ali per ingannare i predatori e la «Farfalla colibrì» che sembra per l’appunto il piccolo uccello cui assomiglia tanto. Pur essendo uno studio non ancora terminato sono insomma state rinvenute molte specie, tra cui una rara ed un’altra protetta, mentre tra gli aspetti negativi c’è l’iperconcimazione, che porta a crescere nei prati sempre le stesse piante e di conseguenza a far tornare sempre le stesse specie di farfalle, mentre per le specie non viste bisognerà comprendere il perché della loro assenza, ad esempio la mancanza di piante nutrici. I risultati dello studio, una volta terminato, saranno a disposizione del Parco e del Muse mentre il prossimo incontro del Parco, a ottobre, approfondirà il ritorno di un grande carnivoro come il lupo.

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