Cles, in mostra gli spilloni offerti agli dei

A palazzo Assessorile è esposta dall’altro ieri una selezione di spilloni utilizzati nell’età del Bronzo (XI-XII sec. a. C.) per le vesti dei clesiani di allora, e ritrovati ai Campi Neri di Cles.
Appena usciti dal laboratorio di restauro dalla Soprintendenza per i beni culturali della Provincia, sono parte dello straordinario rinvenimento avvenuto nel 2015 e sono collocati in una vetrina in vista della presentazione (e della visita) previste al termine della giornata di studi su Luigi de Campi e la ricerca archeologica, venerdì prossimo 27 ottobre.

«Sono stati rinvenuti proprio nelle vicinanze del luogo che all’inizio del ?900 ha restituito i dieci spilloni conservati al Castello del Buonconsiglio a Trento», spiega Lorenza Endrizzi dell’Ufficio beni archeologici della Soprintendenza, che ha diretto lo scavo ai Campi Neri e che venerdì parlerà del contributo di de Campi all’archeologia della Val di Non alla luce delle ultime ricerche.
Spilloni, spirali in bronzo e altri oggetti in metallo rinvenuti nell’ultimo scavo, probabilmente recuperati nei luoghi circostanti, vennero interrati ritualmente, spiega Lorenza Endrizzi: «Un ritrovamento straordinario - osserva l’archeologa - per la varietà, le tipologie e la quantità - in tanti anni di scavo ai Campi Neri avevamo trovato uno spillone e nel giro di poche settimane ne abbiamo raccolti più di cento - all’interno di una grande fossa con pietrame, terra di rogo e resti di manufatti metallici».

«Tale ritrovamento - informa la Soprintendenza in una nota - si colloca in prossimità di quello che restituì il ripostiglio di dieci spilloni dell’età del Bronzo Finale (XI sec. a.C.), conservati nella sezione archeologica del Castello del Buonconsiglio, che il Campi pubblicò nel 1909 interpretandoli giustamente come "offerta fatta ad una ignota e misteriosa divinità"».

Quelli rinvenuti nel 2015 stupiscono per quantità e varietà di forme. «Gli spilloni - spiega Lorenza Endrizzi - documentano tutte le tipologie del Bronzo finale: alcuni con la decorazione incisa sullo stelo, altri a testa di vaso o a testa più globosa. Erano usati per trattenere le vesti, i mantelli».
Vista la lunga frequentazione del luogo, dalla fine dell’età del Rame all’epoca romana, come attestato in altri luoghi di culto, si ritiene che questi oggetti votivi siano stati raccolti e poi interrati. «Sono state ritrovate molte altre fosse di questo tipo dell’età del Bronzo finale - continua Endrizzi - ma questa si differenzia per dimensioni e la presenza di questi reperti, probabilmente un deposito votivo. Nel corso delle epoche i reperti votivi lasciati nel santuario venivano di volta in volta seppelliti ritualmente.
In tutte le epoche di frequentazione è attestata una pratica che prevedeva un uso rituale del fuoco, il sacrificio di animali le cui carni, probabilmente, venivano poi consumate nel corso di cerimonie comunitarie sul posto, e in parte lasciate per la divinità. In tutte le epoche, poi - aggiunge Endrizzi - c’è questo dono di offerti votivi, soprattutto ornamentali per l’epoca protostorica: rituali fatti con modalità diverse ma sempre con l’oggetto votivo, spesso defunzionalizzato, sottratto all’uso dell’uomo e reso di escusiva proprietà della divinità, quindi rotto, piegato, accartocciato...
Il dato significativo è che in tutte le epoche di frequentazione abbiamo trovato la presenza di strade: il santuario era attraversato da queste vie sacre utilizzate probabilmente per processioni».
Venerdì prossimo sono previste due visite guidate: al sito archeologico dei Campi Neri e a Palazzo Assessorile.

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