Cyberbullismo dalle mille facce

di Chiara Smadelli

Generazioni di nativi digitali con il cellullare sempre in mano, pronti a scattare in ogni momento selfie o registrare brevi video da postare sui vari Social Networks per dare forma alla loro identità digitale, per essere riconosciuti ed accettati dai pari.
«Mentre gli adulti riescono spesso a separare la vita reale da quella virtuale, i ragazzi fondono questi due aspetti, e le conseguenze possono essere tragiche» afferma Mauro Berti, soprintendente capo della Polizia di Stato nonché autore, assieme agli psicologi Michele Facci e Serena Valorzi, del libro "Cyberbullismo", presentato all’auditorium della scuola secondaria di primo grado venerdì scorso.

Quello del cyberbullismo è un fenomeno dalle mille facce, sempre in evoluzione ma ancora poco conosciuto. «Proprio per questo abbiamo deciso di scrivere un libro a riguardo, per spiegare ai genitori come possono fare a fronteggiarlo» continua Berti. I ragazzi hanno sviluppato, nell’ambito della tecnologia, competenze nuove e differenti da quelle degli adulti, genitori ed educatori possono trovarsi in difficoltà a gestirli. Su Facebook è possibile controllare cosa postino o condividano i propri figli, ma l’avvento di Social Media come Snapchat ed Instagram ha comportato una diffusione di immagini, anche personali ed erotiche, senza controllo. Contenuti che vengono inviati ai propri "amici" e scompaiono immediatamente, oppure che, se condivisi sulla propria storia, spariscono dopo 24 ore: ciò ha comportato istintività e mancanza di riflessione su cosa viene postato. I ragazzi trascurano che sia questione di un attimo, basta che un determinato contenuto finisca nelle mani sbagliate per rovinare l’"immagine virtuale" che tanto ci tengono a delineare.

Un momento della serata è stato dedicato a Carolina Picchio, che si è tolta la vita all’età di quattordici anni in seguito alla diffusione su Facebook di un video che la ritraeva ubriaca, mentre alcuni ragazzi abusavano di lei. È stata proiettata un’intervista al padre della ragazzina, Paolo Picchio, il quale afferma che «io e sua madre non sapevamo nulla dell’accaduto. Carolina non ne aveva parlato nemmeno con le sue amiche». Gli strumenti della comunicazione stanno crescendo una generazione di ragazzi estremamente soli, abituati a non gestire nessun tipo di emozione in quanto l’avvento dei dispositivi elettronici ha reso possibile intessere una trama di relazioni virtuali, a scapito di quelle reali.

«Il cellulare è un apparecchio in grado di darci la sensazione di essere cercati e pensati, si tratta di un meccanismo che crea dipendenza. Per questo motivo continua a richiamare la nostra attenzione: durante la ricreazione, a scuola si vedono ragazzini completamente isolati, silenziosi, che al posto di scambiare due chiacchiere con gli amici preferiscono chattare con chi non c’è» spiega Serena Valorzi. Questa solitudine di cui i ragazzini non si accorgono, pensando di essere circondati da decine, centinaia di amici esiste, ed incombe in tutta la sua potenza nei momenti difficili, come quelli in cui si viene virtualmente presi di mira dai propri pari.

È proprio qui che sono chiamati ad intervenire i genitori, facendo sentire ai figli la propria presenza, intessendo una rete di supporto con altri adulti competenti. Attraverso un gioco di ruolo condotto da Michele Facci, i genitori hanno potuto osservare e sperimentare in prima persona le modalità attraverso le quali risolvere conflitti legati alla circolazione di materiali riguardanti i propri figli, che potrebbero metterli in imbarazzo o, nei casi più gravi, spingerli a compiere azioni estreme.

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