Un prete per 12 paesi, con l'aiuto dei laici

di Fabrizio Torchio

Da Bozzana a Piazzola in Val di Rabbi, don Renato Pellegrini ha nove parrocchie fisse per una dozzina di paesi e, da un anno, è amministratore parrocchiale di Dimaro e Monclassico.  La domenica di solito lo vede impegnato a dire due, tre messe al mattino e un paio al pomeriggio. E poi ci sono i battesimi, la partecipazione ai gruppi, gli incontri con i laici il cui ruolo, con il ridursi del numero dei parroci, è vieppiù importante nella vita della comunità cristiana. Dopo la messa serale di sabato (San Bernardo), ad esempio don Renato doveva essere ad Arnago per la prima messa delle 8.30, a Piazzola per quella delle 10.30, quindi a San Bernardo alle 17 e a Caldes alle 19.30.
«Don Adolfo, che è stato parroco di Malé, dà una mano dove c’è bisogno, perché magari in un giorno ci sono due funerali, e la domenica viene un altro parroco da Trento e gira in due delle mie parrocchie, Bolentina, Magras, Samoclevo, dove serve. Le parrocchie cerco di girarle tutte, a turnazione». 
 
E come si fa, don Renato?
 
«La domenica celebro quattro, cinque messe, in una parrocchia la messa è solo al sabato sera, a Bozzana, alle 18 e a San Bernardo è alle 20. Ci diamo il cambio con don Adolfo. Ogni tanto celebro la messa anche nella chiesa di Arnago, altrimenti i fedeli si trovano e fanno liturgia della parola, insieme prepariamo letture e preghiere. C’è un ministro della comunione, che è anche ministro della liturgia: in assenza del parroco prende a cuore questo aspetto». 
 
La collaborazione dei laici quindi è una realtà viva.
 
«È bello, ci sono laici anche giovani molto motivati che si danno molto da fare sulle cose anche pratiche: si incontrano, mi chiamano, poi vediamo insieme. Alcuni sono ministri della comunione o della liturgia e hanno seguito dei corsi organizzati dall’Ufficio liturgico della Curia. In Val di Rabbi facciamo anche una festa dell’amicizia, un mattino e un pomeriggio insieme, con famiglie e cori che hanno coinvolto anche i genitori».
 
Sono molti?
 
«Quest’anno ci sono state le elezioni dei consigli pastorali, in ogni paese ci sono dei comitati di cinque laici che si prendono a cuore la situazione della loro parrocchia; poi ci sono i laici del consiglio degli affari economici, altri tre o cinque. Poi c’è il consiglio pastorale formato da due persone per ogni Parrocchia, che si trova almeno quattro volte all’anno e cerca di valutare le esigenze di tipo spirituale. Insieme si guarda ai problemi e si cerca la soluzione. Accanto agli eletti ci sono poi altre persone, e ci sono i catechisti».
Come si articola la liturgia della parola?
«C’è un momento iniziale di accoglienza, la richiesta di perdono e le letture, poi un commento alle letture che prepariamo insieme e viene letto da loro, poi preghiere, canti e distribuzione della comunione. In tre parrocchie questo avviene regolarmente. Cerchiamo di fare in modo che i laici divengano sempre più responsabili, sono convinto che la Chiesa del futuro sarà sempre più una Chiesa di persone motivate. C’è una preoccupazione, nel distinguere la preghiera dalla messa, e questo viene sottolineato, si rimarca. Diventa però importante perché è una comunità che si ritrova attorno all’altare, attorno a Cristo».
 
Una Chiesa che si apre?
 
«Una parte importante della Chiesa è anche l’attenzione al territorio, alle nuove povertà, alle persone che vivono in qualche caso difficoltà di incertezza sul da farsi, sul futuro. Con i consigli pastorali abbiamo pensato di sensibilizzare sul problema dei profughi, che è un problema mondiale. Vediamo di creare attenzione verso quelle persone che veramente hanno bisogno, un invito a riflettere, a capire le necessità dell’altro. Profughi, ma anche le necessità dei locali, altrettanto urgenti». 
 
È cambiato molto da quando lei arrivò qui nel 1989.
 
«Nel 1989 i parroci saranno stati una ventina in Val di Sole, c’era un parroco a Bozzana, uno a Bordiana... oggi sono sette. Alla fine di un gruppo di riflessione sul Vangelo, riflettevamo giorni fa che non si tornerà indietro. Anche nelle chiese la domenica non è che ci sia molta gente. Allora la fede oggi la vivi non solo negli spazi sacri, ma nei rapporti con le persone, nella quotidianità: sul lavoro, nello sport. Lì puoi dare un contributo che proviene dalla tua convinzione di fede. C’è tutto un mondo dove la fede si può vivere in modi diversi, dobbiamo scoprirli. Abbiamo ancora in mente una Parrocchia che è un po’ Tridentina, da Concilio. La celebrazione eucaristica è importantissima, ma bisogna andare oltre: l’attenzione e la vicinanza delle persone è fondamentale per la nostra fede. Io credo che dal punto di vista delle fede questo nostro tempo sia difficile, ma che oggi la fede abbia da giocarsi delle opportunità bellissime. Penso ad un gesto, il lavaggio dei piedi, che capovolge il più e il meno importante, l’ultimo diventa il primo. Chi è cristiano cosa deve fare? Deve cercare quelli che ne hanno bisogno e la Chiesa può diventare un’”agenzia” di valori di cui gli uomini sentono la necessità».

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