Tonale, il soldato che scampò alla valanga

Scavò con un mestolo nella cucina sepolta

Negli ultimi anni non è mai mancato alla Festa della fratellanza, che si celebra a Passo Paradiso per ricordare i soldati caduti su fronti opposti nella Prima guerra mondiale. Anche quest’anno Franco Decaminada, di Cis, ha presenziato alla cerimonia che - a cento anni dalla battaglia del Presena - accomuna Alpini e Kaiserschützen, Kaiserjäger e Compagnie Schützen. Con sè aveva un ricordo particolare, una corona con due crocefissi che suo nonno Candido Betta, combattente austro-ungarico, realizzò con il piombo delle granate (pesa un chilo e 400 grammi) dopo essere stato ferito e, divenuto cuoco degli ufficiali, essere miracolosamente sopravvissuto ad una valanga che investì la cucina.
 
«Mio nonno - spiega Franco - ha tenuto un diario della sua esperienza in guerra, annotando giorno per giorno quello che succedeva e assistendo alla continua caduta delle bombe. Ha visto anche trecento morti, e ha posto il crocefisso sul petto dei caduti per l’estrema unzione data dal cappellano». Pagine del suo diario sono state pubblicate nel volume di Giovanni Ravanelli "Per conoscere Cis" (1988) e sono una viva testimonianza della terribile esperienza del conflitto sul fronte della Presanella e del Tonale. In uno scritto ai familiari da Stavel, datato maggio 1918, Candido Betta quasi esprime la sua rassegnazione, dopo aver visto cadere le granate a pochi metri da lui: «Qui la guerra continua giorno e notte assai furibonda e spaventosa - scrive -(...) Ma voi non abbiate impressione per me! raccomandatemi al buon Dio! e disponetevi a rassegnarvi alla sua volontà; nel caso che egli preferisce di prendermi da questo attendo; poi ché! ho già provato esperienza che questa terra non è che una valle di lacrime...». 
 
[[{"type":"media","view_mode":"media_original","fid":"538591","attributes":{"alt":"","class":"media-image"}}]]
 
Classe 1888, chiamato con gli altri «immatricolati bersaglieri», gli viene ordinato di presentarsi al comando Standschützen di Cles il 20 maggio 1915. Viene mandato prima sul Peller, poi a Pejo e quindi a Stavel, dove si trova sotto il fuoco dell’artiglieria. Viene ferito e, nel settembre 1916, il capitano gli chiede di fare il cuoco. In dicembre, il giorno di Santa Lucia, mentre la compagnia parte per soccorrere dei soldati, una valanga si abbatte sulla cucina. Sul diario annota: «...non appena entrato sento la voce di un servitore figlio del mio I tenente che dice viene la valanga, ecc., - essi scapparono io mi avviai alla porta per scappare anch’io nel mentre l’aria rovescia le piante che si trovava sulla baracca per nasconderla alla faccia del nemico, io in quella vista rimango cadavere nel mentre la valanga si fa apresso e rimango in una profonda oscurità un altro strepito di rimanere morto bel spavento quando sentii lo scripitio della baracca che la valanga se la prendeva con se. Il destino mio non era ancora scritto di lasciare la terra rimasi fortunatissimo che una piccola asse mi riparò la mia vita in mia compagnia vi era un giovane gattino questo si teneva strettamente colle sue alle mie gambe e di continuo piangeva io per 5 minuti sentii che la valanga percorreva di sopra quando fu tutto in silenzio chiamai a tutta voce i miei compagni ma mi fu illuso di udire una voce, io tutto smorto si puo sapere inovocavo Dio e la beata Vergine a mio soccorso nel mentre pregavo alla memoria dei miei genitori...».
 
Con un mestolo, Betta inizia a scavare, battendo con i piedi la neve accumulata, fino a quando si accorge che attraverso la massa bianca filtra della luce. Scava ancora e alla fine riesce ad emergere, cadendo sfinito sulla neve dove viene soccorso. Nessuno dei compagni è sopravvissuto. «Stando alle notizie del parroco di campo - ha scritto nel diario - 500 sono stati sotto la neve».

comments powered by Disqus