Tornati alla luce  dopo 1.400 anni

I resti di una famiglia morta 1.400 anni fa sono tornati alla luce durante gli scavi archeologici al Dosso di San Martino a Vervò. Le ipotesi del decesso, ancora tutto da chiarire, sono da imputare, ad un primo rilievo, ad una malattia che ha ucciso contemporaneamente madre, padre e figlio 

di Andrea Bergamo

vervòVERVO' - Sono rimasti assieme, vicinissimi, per almeno 1.400 anni. Mamma, papà e il figlio adolescente furono deposti all'interno di un'unica sepoltura tra la fine dell'età romana e l'Alto Medioevo. Morirono in seguito a malattia o a un incidente che se li portò via nello stesso momento. Pur risalendo ad un paio d'anni fa, la scoperta è stata resa nota in queste ore, in occasione del rinvenimento di un nuovo scheletro all'interno dell'area archeologica di Vervò sul Dosso di San Martino.
È il 35° da quando, cinque anni fa, è stata avviata la campagna di scavi della quale è responsabile la dottoressa Lorenza Endrizzi della Soprintendenza per i Beni archeologici della Provincia.
Colpisce la cura con la quale i corpi furono composti dentro la medesima tomba: il ragazzino si trova tra le due figure adulte. Uno dei soggetti che gli esperti indicano con alta probabilità come i genitori del giovane, ha il capo rivolto verso il figlio, che è stretto in un abbraccio dall'altro adulto.
«La sepoltura dei tre individui - evidenzia Endrizzi - non è ancora stata analizzata da un punto di vista antropologico. Attualmente non si conoscono nemmeno età e sesso dei soggetti anche se da un primo esame macroscopico pare si tratti di un unico nucleo familiare. Sicuramente i due adulti ed il ragazzo sono stati sepolti nello stesso momento». Ed hanno riposato assieme per lunghi secoli, fino a quando il team di archeologi li ha riportati in luce. Uniti. Le loro spoglie furono composte nella nuda terra in maniera da veicolare un messaggio inequivocabile di affetto, in particolare nei confronti del figlio.
«Le antiche sepolture doppie o triple sono rare, ma non rappresentano un evento eccezionale. - illustra la responsabile del sito archeologico - Solitamente la tomba comune ospita i corpi in momenti differenti, a seconda della data di morte dei familiari». In questo caso, invece, non si è trattato di una tomba reimpiegata, ma realizzata allo scopo di accogliere, contemporaneamente, i tre antenati degli abitanti di Vervò. I soggetti morirono probabilmente nello stesso momento, o comunque a distanza ravvicinata. A stabilire le cause saranno le analisi. È comunque possibile ipotizzare che siano da ricondurre ad una malattia, un incidente, oppure all'inalazione di monossido di carbonio sprigionato da un braciere acceso all'interno dell'abitazione. Chissà! Purtroppo non esistono dati che derivano da oggetti di corredo che permettono di stabilire lo stato economico dei tre sfortunati individui, e nemmeno la loro datazione. Si presume comunque siano vissuti tra il IV e il VII secolo dopo Cristo. Eventuali novità saranno presentate il prossimo 8 agosto in occasione dell'annuale conferenza di resoconto aperta alla popolazione di Vervò.
«L'intera area di scavo è stata interessata da articolate dinamiche di frequentazione all'interno di fasi cronologiche diverse, comprese almeno tra la fine dell'età del Bronzo (XII secolo avanti Cristo, ndr) e il Basso Medioevo» afferma la dottoressa Endrizzi. In questi anni gli scavi hanno permesso di scoprire sia resti di antiche abitazioni, sia sepolture - tutte ad inumazione - che sono attribuite alle fasi alto medievali e basso medievali. Un nucleo di nove tombe tra le 35 rinvenute è sicuramente databile tra il VI e il VII secolo dopo Cristo, grazie anche agli oggetti d'ornamento recuperati ed ora in esposizione al Museo retico di Sanzeno, un altro nucleo sulla sommità del Dosso di San Martino è stato datato con il radio carbonio ad un periodo compreso tra l'VIII e l'XI secolo dopo Cristo. Ed altre due sepolture sono state collocate tra il XIII e il XV secolo.

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