Per l'economa del Comune di Sover cadute le accuse più pesanti

È una sentenza di condanna che ha però il sapore della riabilitazione quella inflitta ieri dal Tribunale all’ex economa del Comune di Sover. L’imputata - condannata per falso a 9 mesi di reclusione (l’accusa aveva chiesto 5 anni e 6 mesi) - è stata assolta dalle accuse più pesanti: tre ipotesi di peculato. In sostanza i giudici hanno ritenuto che la donna non si sia intascata denaro del Comune, ma abbia solo cercato di sistemare con alcune delibere retrodatate una gestione contabile dove regnava il caos. Come dire che l’imputata ha combinato dei pasticci, ma non si è  arricchita con i soldi del Comune.
«È una sentenza che restituisce dignità alla nostra assistita - dichiara subito dopo la lettura del dispositivo l’avvocato Maria Cristina Osele che con il collega Marco Zanella difende l’imputata - i giudici hanno riconosciuto che non ci sono stati ammanchi dalle casse del Comune, come abbiamo dimostrato grazie ad una minuziosa ricostruzione della contabilità. Speriamo che per la nostra cliente, sospesa dal servizio dal 2016 e con la casa sotto sequestro, si chiuda questo calvario e possa tornare al lavoro, anche con altre mansioni, così da poter maturare il diritto alla pensione».
Tra le contestazioni mosse all’imputata c’era l’accusa di essersi intascata, tra il 2010 e il 2015, circa 31 mila euro sotto forma di somme non restituite alla tesoreria (tra queste, per esempio, i soldi dei permessi di raccolta funghi). 
Inoltre la donna era accusata di essersi appropriata di 770 euro relativi alle quote di iscrizione alla Ciaspolada del 2014 e 1.225 euro della manifestazione «A spass», entrambi eventi organizzati dal Comune di Sover. Nel corso della sua arringa l’avvocato Osele ha sottolineato che, pur in una situazione di confusione contabile, il denaro del Comune non era stato toccato. I soldi della Ciaspolada erano contenuti in una busta conservata in un  cassetto, busta in  cui sono stati trovati circa 4.000 euro. La difesa ha respinto anche l’accusa di appropriazione di somme per spese postali dimostrando che era prassi consolidata che le comunicazioni per utenze non venissero protocollate. Quanto a piccole spese non documentate, secondo la difesa si trattava di scontrini smarriti in buona fede (come i 34 euro per l’acquisto di una bacheca che effettivamente si trova in Comune). Ieri, in aula, l’imputata ha preso la parola per sottolineare di non aver mai sottratto denaro al Comune, ammettendo invece di aver gestito non bene la contabilità di Sover per mancanza di tempo, in quanto per 18 ore alla settimana era applicata a Valfloriana. 
Caduta nel processo penale l’accusa di aver agito con dolo, la difesa si prepara all’appello contro le due sentenze di condanna emesse dalla Corte dei conti.
Nello scorso mese di febbraio poi, la giunta comunale di Sover aveva affidato all’avvocato Attilio Carta di Pergine l’incarico di assistenza giudiziale per il recupero del credito a seguito della sentenza di condanna emessa dalla Corte dei conti di Trento nei confronti dell’ex economa del comune che è stata condannata a pagare 26 mila e 493 euro per «pareggiare i conti». 
I giudici contabili avevano condannato, in via sussidiaria, anche due ex segretari comunali del comune cembrano al pagamento di 5.000 euro e 2.800 euro.
Il procedimento contabile era partito dalla segnalazione del successivo segretario comunale che ebbe - si sottolineava nella sentenza della Corte dei Conti - un comportamento ben diverso e di tutela delle casse comunali.

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