Lona Lases, chiesto il processo per l'ex sindaco Casagranda

di Giorgia Cardini

La Procura di Trento ha chiuso l’inchiesta aperta nel 2016 su un esposto presentato dal Coordinamento Lavoro Porfido, dal consigliere provinciale Filippo Degasperi e dal deputato Riccardo Fraccaro, chiedendo il rinvio a giudizio per l’ex sindaco di Lona Lases, Marco Casagranda. L’udienza preliminare si terrà il 4 ottobre davanti al gip Marco La Ganga.
 
Casagranda è imputato del reato previsto dall’articolo 323 del codice penale, ossia l’abuso d’ufficio, una fattispecie per cui rischia una condanna da 6 mesi a 3 anni di reclusione «il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto».
 

L'accusa. Secondo la pm Maria Colpani, titolare dell’inchiesta, l’ex sindaco avrebbe procurato un «ingiusto vantaggio patrimoniale» in due casi alla ditta Anesi srl, quando era  concessionaria della cava esistente nel lotto 4, in località Pianacci.

La prima contestazione è relativa al fatto che Casagranda non avrebbe attivato il meccanismo di revoca, previsto dall’art. 13 del disciplinare di concessione in caso di mancata comunicazione preventiva, da parte di una società concessionaria, della cessione totale o parziale delle quote societarie: un passaggio avvenuto nella Anesi srl l’11 febbraio 2011, ma non comunicato all’amministrazione comunale prima del suo perfezionamento (come richiede la legge). Per il pm il sindaco, cui era arrivata la notifica di tale cessione solo l’8 marzo 2011, avrebbe dovuto avviare insomma l’iter di revoca della concessione ma non l’avrebbe fatto, avvantaggiando dunque la società.
 
Il secondo capo d’accusa è relativo invece a quanto accaduto il 1° luglio 2016, quando il sindaco revocava l’ordinanza di sospensione della concessione sul lotto 4, emessa un mese prima sulla base dell’illegittimo e accertato sconfinamento della Anesi srl sul lotto 3 (ex Diamant Porfidi). Anche qui, secondo il pm, Casagranda avrebbe favorito la Anesi srl di cui erano soci e amministratori Pietro e Giuseppe Battaglia (ex assessore esterno all’Industria dal 2005 al 2010 nella giunta Casagranda), mentre il nipote Demetrio Battaglia nel 2016 era consigliere comunale nella lista civica che sosteneva lo stesso sindaco.
 
Legami stretti, per l’accusa, secondo cui la revoca di quella sospensione avvenne «in violazione dell’art. 28 della legge provinciale 7/2006 che, a seguito di più sospensioni inflitte a una ditta concessionaria, autorizzava l’emanazione di un provvedimento di revoca» e basandosi «su dati evidentemente pretestuosi, con ciò procurando un ingiusto vantaggio patrimoniale alla Anesi, costituito finanche dalla possibilità di lavorare e rivendere il materiale illecitamente sottratto dal lotto 3», circa 6.000 mc. 
 
Alla Anesi srl, Casagranda fu poi costretto effettivamente a revocare la concessione, ma solo il 13 gennaio 2017, in conseguenza del rinvio a giudizio del legale rappresentante della società, Giuseppe Mario Nania, per estorsione nei confronti di 5 dipendenti e per truffa aggravata nei confronti del Comune, e della stessa Anesi srl per «responsabilità amministrativa», nella persona proprio di Giuseppe Battaglia. 
 
La difesa. 
L’ex sindaco, difeso dall’avvocato Tommaso Fronza, respinge tutte le accuse. 
Riguardo al primo capo d’imputazione, l’ex sindaco dice: «È vero che mi è stata comunicata tardivamente la cessione delle azioni della Anesi srl, ma io avrei potuto revocare la concessione solo previa diffida, come richiedeva l’art. 17 del disciplinare di concessione. Ma che diffida potevo fare, se ho saputo della cessione l’8 marzo, quando mi è stata comunicata?». «C’è una legge, la 241 del 1990 - aggiunge Casagranda - che impone di evitare atti inutili. E la diffida sarebbe stata tale. Inoltre, devo ricordare che l’art. 28 comma 1 e 2 della legge 7 del 2006 non prevede nessun meccanismo di revoca diretta in violazione del disciplinare. E, nel caso di contrasto normativo, come in questo caso, va applicata prima la legge».
 
Seconda accusa, quella relativa alla revoca dell’ordinanza di sospensione della concessione: «Sono stato io a chiamare il Servizio Minerario e ad attivare le verifiche per lo sconfinamento sul lotto 3, io ho irrogato la sanzione. Ed è stata una sanzione esemplare, con 35 giorni di sospensione, che nessuno ha mai ricevuto, e sottolineo mai. E dopo pochi mesi, su un’ipotesi di reato più grave, ho revocato la concessione. E sarei io quello che ha  favorito la ditta concessionaria del lotto 4?». 

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