Ammanchi alla posta, ex direttrice a processo È stata licenziata ma nega di aver preso i soldi

Quando gli ispettori sono tornati all'ufficio postale per una delle verifiche di routine si sono accorti che i conti non tornavano. Per l'esattezza all'appello sarebbero mancati 2.802,15 euro. Ad intascarsi quel denaro - 1.200 euro in banconote e ben 1.602,15 in monetine - secondo la procura sarebbe stata l'ex responsabile dell'ufficio. «In qualità di direttore dell'ufficio postale (...) , quindi incaricato di pubblico servizio, avendo per ragioni del proprio esercizio la disponibilità del denaro di cassa, se ne appropriava», si legge nel capo di imputazione.

Per la donna, che deve rispondere dell'accusa di peculato, è scattato il licenziamento per giustificato motivo (il collega che l'ha sostituita durante le ferie, invece, se l'è cavata con una sanzione disciplinare). Ma l'ex direttrice, assistita dall'avvocato Maurizio Piccoli, nega ogni accusa, evidenzia di essere stata in ferie tutta la settimana precedente il controllo ed ha impugnato anche il licenziamento. 

Ma andiamo con ordine. I fatti oggetto del procedimento penale sono successi in un ufficio postale della Rotaliana. Tutto nasce da una verifica degli ispettori. Controlli di routine, che negli uffici postali vengono fatti a cadenza regolare. L'ultima verifica era avvenuta nel 2012 e non erano emersi problemi o irregolarità nella gestione dello sportello. Il 31 marzo 2014 le ispettrici sono tornate in Rotaliana e, stavolta, l'esito è stato ben diverso: dai controlli sono emerse delle discrepanze.

Alla fine all'appello mancavano oltre 2.800 euro. Soldi che, secondo l'accusa, la donna avrebbe sottratto tra il 19 novembre 2012 (data in cui avvenne la precedente verifica) e il 31 marzo 2014, giorno in cui scattò il nuovo controllo. Fatto decisamente singolare, una fetta consistente di quel denaro mancante all'appello sarebbe stato in monetine: 1.602 euro. Un quantitativo decisamente ingombrante.

All'esito dell'accertamento degli ispettori la verifica ha avuto un duplice sbocco: penale e disciplinare. La donna è stata denunciata per peculato e in settembre ha ricevuto la lettera di contestazione, cui un mese dopo ha fatto seguito il licenziamento. Nel frattempo il fascicolo penale, affidato alla pm Alessandra Liverani, è finito sul tavolo della giudice Claudia Miori che ha disposto il rinvio a giudizio dell'imputata. Ma la donna, assistita dall'avvocato Maurizio Piccoli - che aveva chiesto il proscioglimento, deciso a dare semmai battaglia in dibattimento - respinge con forza le contestazioni.

La difesa evidenzia in primis che, la settimana precedente al controllo, l'imputata non era nemmeno presente, ma si trova in ferie. La gestione della contabilità, dunque, durante quei sette giorni, sarebbe stata affidata ad un altro collega. Il rientro al lavoro è coinciso con l'arrivo delle ispettrici e con la verifica sulla regolarità dei conti. Secondo la difesa, dunque, se irregolarità sono emerse, sarebbero imputabili non a lei, ma a chi si era occupato di gestire la cassa in sua assenza.

Non solo. La difesa evidenzia anche che, nel corso della verifica, gli stessi ispettori avrebbero rilevato che 1.600 risultati «spariti» all'inizio, poi sarebbero ricomparsi. Circostanza che, per l'accusa, sarebbe però da attribuire ad un intervento dell'imputata, che voleva nascondere le sottrazioni. Ma la donna ripete che, alla sua partenza, i conti erano in ordine.

Alla luce degli ammanchi emersi, tuttavia, Poste Italiane ha applicato la più pesante delle sanzioni all'ex direttrice: licenziamento. Un provvedimento che l'ex responsabile, incensurata, ha però impugnato davanti al giudice del lavoro.

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