Dalle sponde del Lago Nambino «Nessuno tocchi Serodoli»

di Denise Rocca

“Serodoli resti Serodoli” e con esso vengano preservati anche tutti gli altri scorci montani chiamati ad essere sacrificati in nome dello sviluppo turistico.

Il grido che era stato lanciato nel 2013, con una petizione in risposta ad un primo emergere, allora, delle mire degli impiantisti, è risuonato nuovamente ieri sulle sponde del Lago Nambino e verrà rilanciato sui social nei prossimi giorni. In Rendena l’occasione è stata anche quella di scambiarsi idee in questo momento di fermento e ritrovata attenzione alle tematiche ambientali.

La giornata, a cui hanno preso parte un centinaio di persone, è stata scandita dapprima dalla salita a Serodoli, poi dalla riunione con le altre delegazioni di manifestanti che avevano raggiunto gli altri luoghi dove gli impiantisti hanno annunciato di voler procedere con un ampliamento delle infrastrutture per l’industria del turismo invernale. Tutti a Nambino, perché è il fulcro dell’ipotetica infrastrutturazione: qui passerebbe la telecabina principale, un’intermedia a Serodoli e un altro tronco alla cima Serodoli. Una trentina di persone appena, ma a rappresentare tante anime, ieri attorno al lago, sui monti di Madonna di Campiglio, per chiedere che Serodoli non si tocchi e soprattutto, guardando anche ad altre cime, altri monti, altri sentieri, che gli attori economici e politici chiamati a prendere determinate decisioni «abbiano il senso del limite».

Luigina Armani, della Sat di Pieve di Bono, dà voce ad un sentimento diffuso: «Il territorio è una risorsa importante e un valore in sé - ha sottolineato - e noi come esseri umani non dobbiamo aggiungervi altro valore, in questo caso economico, ma piuttosto scoprire quello rappresentato dalla natura. Non c’è nulla da aggiungere. L’accezione che dobbiamo usare, del termine “valorizzare”, è quella della buona maestra che trova nell’alunno delle doti e cerca di farle sbocciare, non inserire qualcosa che non c’è come si vorrebbe qui a Serodoli. Che è perfetta così».

Le fa eco Matteo Viviani: «Serodoli è una testa di ariete di un processo generale, il simbolo di questa situazione, in cui gli impiantisti mirano ad aumentare sempre di più i chilometri, sciabili, ad avere piste sempre più livellate e facili da sistemare, infrastrutture per il trasporto sempre più potenti. L’invito è che quello che abbiamo già fatto in passato: è già altamente competitivo il nostro territorio nel comparto sciistico, può essere abbastanza così. Piuttosto, se vogliamo intervenire sui territori si intervenga valorizzandoli per quello che sono ora, una bellezza naturale unica. Il messaggio che vogliamo lanciare è quello di avere misura nelle cose: non c’è bisogno di espandersi ancora, di sfruttare ancora il territorio. Basta così».

C’erano anche i delegati di Friday for Future. E sentire la giovane Silvia, del movimento, ha fatto pensare al vuoto di molti discorsi della politica, in un mondo al rovescio dove i ragazzini si levano a sopperire alle mancanze di un mondo adulto che mostra una faccia sempre più infantile e immatura: «Ci aspettiamo da chi ha la capacità di analizzare questi temi e prendere decisioni - ha scandito la ragazza - che si cominci a lavorare per costruire un modello di sviluppo, non di crescita perché non dobbiamo crescere per forza. Sostenibile, che metta sulla bilancia non solo il profitto ma anche il costo ambientale».

E ha proseguito: «Quello che chiediamo, e vale anche per Serodoli, è la lungimiranza: guardare non ai prossimi 5 anni ma ai prossimi 50. Prendere decisioni che sono difficili oggi e richiedono magari un sacrificio oggi, ma diano un beneficio futuro. E non decisioni che diano un beneficio oggi ma chiedano un grande sacrificio al futuro».

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