Cento anni fa il cannone dell'Adamello venne trascinato dai soldati sui ghiacciai

La storia dell'ippopotamo iniziò a Temù il 9 febbraio 1916

È da quasi un secolo che in Adamello chi sale a Cresta Croce si imbatte, a quasi 3.300 metri di altezza, in un cannone diventato celebre, il «cannone dell’Adamello» o «l’ippopotamo», come lo battezzarono gli Alpini che lo trascinarono fin lassù a prezzo di fatiche intuibili.
Il pesante pezzo di artiglieria italiana G149, un cannone di medio calibro di ghisa, come dice la sigla, fu trascinato da centinaia di soldati: il suo trasporto fino al Passo Venerocolo (3140 metri) e poi a Cresta Croce fu uno sforzo quasi «titanico» che martedì scorso - esattamente cento anni dopo - è stato rievocato a Temù, in Valcamonica, da Walter Belotti. Titolo della conferenza: «Un trasporto eccezionale: Cento anni fa l’Ippopotamo partiva da Temù».

Trascinato prima sui propri cingoli, poi smontato e messo su slittoni, seppellito da una valanga e recuperato, il cannone arrivò al valico il 23 aprile 1916, in tempo per l’attacco italiano alla linea austro-ungarica dalle Topette al Cavento.
«I cannoni da 149 erano un po’ antiquati, erano stati utilizzati durante la guerra di Libia del 1911 - ci racconta Walter Belotti, storico della Grande guerra e presidente del Museo delle guerra bianca di Temù - e finivano in Adamello in quanto questo era un fronte difensivo negli intenti dei comandi. Partì il 9 febbraio da Temù, trainato dai cavalli sui propri cingoli fino a malga Caldea, una località della Val d’Avio. Pesava oltre 60 quintali. Poi fu smontato in pezzi, uno dei più grossi era la canna che pesava da sola 30 quintali. Venne caricato su slittoni realizzati appositamente e trasportato da sessanta artiglieri, tredici genieri e circa duecento soldati. Nel mese di febbraio fu trainato con le funi nella zona dei Laghi d’Avio, nei punti più difficoltosi si usarono degli argani detti ?capre? per decuplicare lo sforzo. Il trasporto avveniva solo di notte o con il brutto tempo, per non essere avvistati dagli austriaci; poi si cancellavano le tracce sulla neve. Il traino era difficile perché il cannone sprofondava nella neve. L’8 marzo del 1916 - e l’8 marzo prossimo terrò un’altra conferenza per ricordare questo fatto - cadde una grande valanga che seppellì il cannone e uccise 39 uomini addetti al trasporto».

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Il trasporto dell’«ippopotamo» è narrato anche da Luciano Viazzi, che nel suo libro «I diavoli dell’Adamello racconta di «lunghe file di uomini, tesi sulle funi in uno sforzo continuo» nel trascinare uno slittone seguito da un artigliere con un grosso palo, per evitare lo scivolamento all’indietro. «Il traino - ha scritto Viazzi - si svolgeva nel più rigoroso silenzio, rotto soltanto dal ritmico incitamento degli ufficiali ad ogni balzo in avanti».
«Ai primi di aprile - continua Belotti - riprese il trasporto fino al rifugio Garibaldi, in altri sei giorni fu trainato al Passo del Venerocolo dove arrivò il 23 aprile. Era il giorno di Pasqua. Il 29 e il 30 aprile partecipò con la sua azione di fuoco alla conquista dei ghiacciai, con l’occupazione della dorsale da Fargorida al Passo di Cavento. Il cannone poteva sparare dai 2,2 ai 9,3 km, in Adamello riuscì a sparare anche a 11 km di distanza».
L’anno seguente il pesante cannone fu trascinato fino a Cresta Croce: «Fra il 4 e il 6 giugno del 1917 - spiega Belotti - dal Passo Venerocolo venne portato a Cresta Croce e contribuì, il 15 giugno, all’attacco al Corno di Cavento e alle diverse azioni». Sparò ancora nell’estate del 1918, poi tacque. Non fu mai riportato a valle.

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