Un piano per rubare la droga sequestrata dai carabinieri

Gli spacciatori del gruppo di Fiemme e i fornitori milanesi (o almeno alcuni di loro) non si tiravano indietro davanti a nulla. Negli atti dell’inchiesta, condotta dai carabinieri di Cavalese, troviamo traccia più volte di una notevole spregiudicatezza. C’è chi aveva pianificato di penetrare all’interno della caserma dei carabinieri per recuperare una partita di cocaina che era stata sequestrata. C’era anche chi spacciava persino dal letto di casa dove era costretto a rimanere in seguito alle fratture riportate in un incidente stradale.

Il 31 marzo gli investigatori dell’Arma, che monitoravano il gruppo di narcotrafficanti, entrano in azione. Intercettano Vladimir Cufollari, uno dei due corrieri che faceva la spola tra Rozzano e Castello di Fiemme. A bordo della sua auto, nascosti in maniera pressoché perfetta, c’erano 217 grammi di cocaina in stato solido. Stupefacente ad altissimo indice di purezza (78% era stato il valore determinato dal laboratorio di analisi dei carabinieri a Laives), che in breve si sarebbe trasformato in oltre mille dosi pronte per lo spaccio, fruttando tra i 60 mila e gli 80 mila euro.
La Renault Megane su cui viaggiava Cufollari con il suo prezioso carico viene posta sotto sequestro e custodita all’interno del perimetro della caserma dei carabinieri di Cavalese. Il gruppo di fornitori lombardi ipotizza che i militari non siano riusciti a trovare lo stupefacente, occultato con grande cura.

In riferimento a tale congettura Florenc Shkrepa ed un secondo soggetto aderente alla consorteria, raggiungono il centro di Cavalese dove eseguono un accurato sopralluogo. I due poi avvisano Petrit Arapi, indicato dagli inquirenti come il capo del gruppo lombardo, che si trova in Albania. In particolare riferiscono sulle misure di sicurezza attive e passive in caserma comunicando di avere rilevato la presenza di un militare di guardia. Il gruppo quindi pianifica un’incursione all’interno del perimetro nonostante sia oggetto di vigilanza armata, con l’obbiettivo di recuperare il narcotico dall’autovettura utilizzata da Cufollari. La «squadra d’intervento» poi non entra in azione solamente perché i trafficanti, vengono a conoscenza del rinvenimento del narcotico da parte degli inquirenti.

Non è finita qui. I carabinieri sottolineano come le indagini abbiano «svelato una spiccata indole delinquenziale di alcuni indagati». In tal senso si ricorda come sia Ionel Dorel Mihali, sia Andrea Bagattini, nonostante i sequestri di narcotico effettuati nei loro confronti, riprendevano come se nulla fosse l’attività di spaccio in favore di giovani e giovanissimi clienti, per Bagattini anche minorenni.
Altro elemento di particolare interesse è stato documentato nei confronti di Taulant Shtembari che, relegato a letto a seguito delle importanti fratture riportate a seguito di un gravissimo incidente stradale, riceveva alcuni clienti al suo capezzale dove soddisfava le loro richieste. Anche Paolo Girardi non era da meno. Il gestore del bar Anny di Castello di Fiemme «paventava in più occasioni la volontà di acquisire le alte competenze raggiunte da Shtembari nella conduzione dei traffici illeciti, mitizzando l’albanese e giudicandolo un esempio da seguire».

Le indagini hanno svelato anche come il gestore del bar Anny abbia «sfruttato la buona fede di alcune persone per concretizzare una pluralità di cessioni di stupefacente all’interno di alcuni locali, riguardo ai quali ai quali sono in corso ulteriori approfondimenti».
Le indagini infatti sono ancora in corso. Intanto per gli arrestati finiti in carcere (in totale 15 più tre indagati andati ai domiciliari) si apre la delicata fase degli interrogatori di garanzia. Oggi, assistiti dai rispettivi avvocati, molti di loro avranno il primo faccia a faccia con la giustizia. Collaborare alle indagini potrebbe essere un’opzione da percorrere per limitare una condanna che altrimenti, specie se sarà confermato il reato associativo, rischia di essere pesante.

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