Moena, a mese dall'alluvione il fango è alle spalle Ma 300 edifici sono ancora danneggiati

di Leonardo Pontalti

Arrivando a Moena a neppure un mese dal devastante pomeriggio del 3 luglio scorso, quando il centro della «Fata delle Dolomiti» venne invasa da acqua e fango, non ci si accorge neppure di quello che è stato.
I segni della mazzata inferta in poche ore da pioggia, grandine e smottamenti rimangono pochi. I blocchi di massi e fil di ferro che hanno sostituito parte della scarpata erbosa franata in strada Löwy, di fronte alla segheria; i segni del fango sulla massicciata lungo la circonvallazione, che si era trasformata a inizio luglio in impetuosa cascata; la soletta del tratto di strada sotto cui corre il rio Costalunga, ancora ammaccata dopo il passaggio di massi e tronchi.

Un ponte dal quale ora, passandoci vicino, si affacciano i turisti con aria curiosa o i residenti con sguardi pensosi e pensieri che tornano a quel martedì.
La strada che collega il fondovalle con passo San Pellegrino - rimasta chiusa per qualche dopo l’ondata di maltempo - ora è perfettamente transitabile e l’unico segno di quanto accaduto è un cantiere per la messa in sicurezza di un pendio franato in corrispondenza della passerella nei pressi del forte di Someda.

Gli sforzi messi in campo da centinaia e centinaia di uomini delle forze dell’ordine, dei corpi vigili del fuoco, della Protezione civile, dal personale della Provincia e dai residenti oltre che da tanti volontari, sono stati titanici in modo da risollevare il centro della località fassana in pochi giorni e salvare la stagione turistica da una minaccia che era concreta.

Ma i segni della ferita sono ancora molti, sotto pelle. Nel buio degli scantinati, nei locali interrati delle strutture ricettive, nei garage e nei magazzini delle attività commerciali. Restituita a Moena la sua bellezza, eleganza e vivibilità «in superficie», per così dire, il lavoro da fare per rimediare ai danni provocati da quell’anomala «cella temporalesca stazionaria», rimasta ad infierire per quattro ore su un’area circoscritta, resta ancora molto.

L’hotel Cavalletto, tra i più colpiti dato che si trova proprio a fianco del rio Costalunga, ha dovuto rinunciare per tutta la stagione ai locali interrati, dove si trovano stube e area wellness: alle pareti vi sono ancora i segni del fango, perché ritinteggiare sarà l’ultimo dei problemi da affrontare. Gli operai sono tuttora al lavoro per sistemare impianti e locali.

«Abbiamo avuto qualche disdetta nei giorni successivi - spiegano i titolari - ma abbiamo limitato i danni. Siamo però tutt’ora senza rete internet e con la gestione delle prenotazioni abbiamo dovuto faticare parecchio. E poi ci sono i lavori da fare di sotto».
Anche dall’altro lato della strada, al «Deville», per far proseguire regolarmente la stagione responsabili e dipendenti hanno dovuto lottare contro parecchi problemi: «In garage tuttora restano i segni del fango. Assieme all’acqua aveva danneggiato seriamente parte degli impianti, il locale lavanderia e quello in cui conserviamo i nostri vini», spiegano dalla struttura: «Abbiamo dovuto risistemarli in fretta ma ce l’abbiamo fatta».

Sono stati giorni non facili non solo per gli albergatori, ma anche per numerosi esercenti. Il punto vendita di articoli d’artigianato Borelli di strada Löwy nei giorni dell’alluvione era assurto suo malgrado quasi a simbolo del disastro, con l’insegna che svettava in molte delle foto e delle riprese del centro di Moena invaso dal fango.

«Abbiamo dovuto buttare tutto ciò che c’era nel magazzino, al piano interrato - spiega Silvano Pigozzo, titolare dell’azienda - ed è stato davvero un brutto momento perché avevamo pronto praticamente tutto l’assortimento fino a settembre. Ricordo quei momenti, l’acqua continuiava a salire. Ora però stiamo già recuperando, sia intensificando la produzione di ciò che realizziamo in proprio, sia facendoci consegnare dai fornitori altri prodotti. E fortunatamente ce la siamo cavata con qualche presa elettrica fuori uso e le pareti da imbiancare».


 

La stima dei danni, quantificati nei giorni successivi all’ondata di maltempo in circa 5 milioni di euro, è stata in buona sostanza confermata anche nelle settimane successive: «È stato calcolato che servirà una cifra che è compresa tra i tre milioni e mezzo e i quattro milioni e mezzo di euro. Si è proceduto con un censimento delle strutture colpite - spiega il primo cittadino di Moena Edoardo Felicetti - a seguito del quale sono stati individuati circa 300 edifici che necessitano di interventi. Di questi 120 hanno danni considerati lievi, ovvero che si limitano alla necessità, per esempio, di risistemare le pareti eliminando i segni del passaggio del fango».

Un lavoro accurato, che ha tenuto conto anche del valore degli stabili, in base ad esempio alla loro destinazione: «Le stime parametriche hanno tenuto ovviamente conto dei diversi valori al metro quadro ad esempio di un locale destinato al soggiorno o all’attività ricettiva piuttosto che di una caldaia o di un’autorimessa».

La cifra non è, comprensibilmente, ancora precisa ed oscilla tra i 3,5 ed i 4,5 milioni perché la quantificazione dei fondi necessari è stata calcolata tenendo conto di una «forbice»del 20% rispetto a quanto emerso dai sopralluoghi. Questo, per tenere conto di eventuali maggiori costi da sostenere nel corso degli interventi ma anche perché, spiega ancora Felicetti «non tutti i proprietari erano presenti quando sono stati effettuati i sopralluoghi e dunque in un numero limitato di casi si è proceduto con valutazioni legate ai danni subiti dagli edifici circostanti. La somma frutto delle stime parametriche sarà poi precauzionalmente aumentata del 15%.
Insomma, alla fine si arriverà come detto a cifre non lontane dai 5 milioni.
«I privati al momento si stanno organizzando per conto proprio, poi grazie allo stato di calamità si potrà agevolemente procedere ai rimborsi delle spese sostenute, in base alle linee guida che dovrebbero essere definite a breve dalla Giunta provinciale».
Non solo danni ai privati, ma anche alle infrastrutture. A seguito di quando accaduto il 3 luglio si sta ancora lavorando lungo la statale 346 che dal fondovalle sale verso passo San Pellegrino: all’altezza della passerella sopra la sede stradale, poco sopra il forte di Someda, si era verificato uno dei più consistenti smottamenti, con la strada che era rimasta chiusa per quattro giorni. Un cantiere è tuttora attivo per permettere la sistemazione e la messa in sicurezza del fianco che aveva ceduto sotto le intense piogge ed è attivo un senso unico alternato regolato da semaforo.

Si dovrà poi valutare come intervenire sull’alveo del rio Costalunga, il corso d’acqua che esondando ha provocato i danni maggiori in centro.
«Il problema - spiega in proposito il sindaco di Moena - è che non si può abbassare eccessivamente il livello dell’alveo regimentato in corrispondenza di strada Löwy, perché si dovrebbe poi intervenire di conseguenza anche su quello dell’Avisio: una via praticabile solo intervenendo in maniera piuttosto complessa. Ma di certo qualche misura è allo studio e verrà adottata per evitare altri rischi in futuro».

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