Il blu Fassano? No blu di Prussia

E’ il blu il colore predominante negli oggetti d’arredamento tradizionali fassani: oltre che su svariati mobili, lo si ritrova anche sugli sfondi delle specchiature di porte ed armadi.
Un blu luminoso e vivace, un blu che ricorda il cielo di Fassa, il cielo di casa, «quando il cielo assume una particolare bellezza, con una luce intensa e una brillantezza cristallina, che, in contrasto con il bianco del paesaggio invernale, viene esaltata».
È il famoso blu che proprio per la sua presenza nell’arte ladina e per essere stato portato oltralpe dai pittori che emigravano stagionalmente per lavoro, è conosciuto come «blu fascian». Ed è il protagonista del libro presentato al liceo artistico di Pozza: «L ciel te stua» è il risultato di un lavoro iniziato da professori e studenti ancor nell’anno scolastico 2011/12 e che è poi continuato, a intermittenza, negli anni successivi.
«Mancava una spiegazione scientifica al colore tanto utilizzato e tanto ricorrente nella nostra tradizione artistica» spiega il professor Massimo Chiocchetti (foto) curatore, con la collega professoressa Fiorella Brunel, del libro. Il lavoro di ricerca è stato condotto con la collaborazione del Museo Ladino, dove, mobili e suppellettili antichi lì presenti sono stati fotografati, studiati, e anche analizzati.
Frammenti di colore sono infatti stati analizzati nei laboratori del CNR - ICIS di Padova. «I risultati delle analisi eseguite sulle campionature prelevate dai diversi mobili hanno evidenziato che il pigmento utilizzato risulta essere sempre il blu di Prussia, un pigmento chimico e quindi poco costoso rispetto ad altri blu di altra derivazione, come i lapislazzuli e azzurrite».
Cade il mito del «blu fascian», che rimane ugualmente bellissimo anche se altro non è che blu di Prussia, «detto anche blu di Berlino o di Diesbach, dal nome del chimico che agli inizi del 700 lo ottenne tendando di estrarre dalla cocciniglia una lacca, mediante allume e solfato di ferro» spiega ancora il professor Ciocchetti. Un blu che costava poco e quindi era facilmente acquistabile dai poveri pittori fassani.
Alla presentazione la Sorastant Mirella Florian ha elogiato l’interessante lavoro, sottolineando «l’importanza di documentare quanto di nuovo, interessante e importante viene fatto a scuola, anche in collaborazione con il territorio».
«Attraverso l’arte possiamo imparare a guardare oltre» ha commentato Tone Pollam, presidente del Museo Ladino.

comments powered by Disqus