Tutti i pediatri dicono no a Cavalese

di Patrizia Todesco

Per il punto nascita di Cavalese sembrano non esserci più speranze. Nemmeno l’ingente incentivo economico promesso ai pediatri che lavorano a Trento e Rovereto per coprire i turni in val di Fiemme ha dato frutti. Su 45 pediatri interpellati, 44 hanno detto no.

«Abbiamo inviato 45 mail ai pediatri in servizio a Trento e Rovereto - spiega il direttore generale Paolo Bordon - Un modulo di disponibilità per effettuare prestazioni di 12 ore presso il reparto di Cavalese. In pratica si era chiesta la disponibilità a coprire turni (e veniva anche chiesto quanti) con una remunerazione di 600 euro lordi per turno, con riconoscimento delle spese trasferta. In base alle disponibilità si voleva fare una programmazione fino al 31 gennaio 2018. Delle 44 risposte scritte e firmate a oggi pervenute tutte sono negative, ossia da parte dei pediatri non c’è la disponibilità a effettuare alcun turno».

Dunque nemmeno l’incentivo economico, che non era cosa da poco visto che si parlava di 50 euro in più all’ora rispetto al normale stipendio, ha convinto i pediatri. A oggi l’unica disponibilità riguarda un pediatra che arriverebbe in mobilità dal Piemonte. Troppo poco per coprire tutti i turni.

«A questo punto faremo una riunione con i primari Di Palma, Baldo e Soffiati e poi ne parleremo con l’assessorato. È evidente che anche per i pediatri non è una questione di soldi, ma ci vuole un progetto professionale per attirarli. La preoccupazione di essere soli in situazioni difficili è più forte dell’incentivo economico», sottolinea Bordon che non nasconde che ora, dopo il fallimento dell’ennesimo tentativo, la matassa è piuttosto ingarbugliata.

È stato provato tutto, anche di più. Ci siamo inventati formule innovative, ma c'è stato un rifiuto

Ma quante speranze ci sono ancora per il punto nascita di Cavalese? «Ragionevolmente è stato provato tutto, anche di più. Ci siamo inventati formule innovative per acquisire dei pediatri. Per Cles ci siano riusciti, ma va anche detto che a Cles la casistica di parti è sei volte superiore rispetto a Cavalese e quindi è stato più facile convincere i professionisti. Quelli che sono andati a Cles lo hanno fatto senza incentivo, accettando di fare un po’ di turni a Cles e altri al Santa Chiara e a Rovereto. Abbiamo avanzato la stessa proposta per Cavalese, ma c’è stato il rifiuto. Dopodiché abbiamo anche indetto dei bandi per assunzioni a tempo determinato perché ci avevano detto che c’erano persone interessate. Nessuno si è presentato alla prova. Adesso, con l’ultima procedura di mobilità, tre avevano preannunciato la loro disponibilità ma alla fine uno solo ha accettato».

Quell’uno però non basta. Servono sei professionisti per coprire tutti i turni mensili senza considerare che se fossero stati trovati i pediatri l’Azienda avrebbe dovuto trovare ginecologi e anestesisti.
Con i numeri attuali il punto nascita non potrà sopravvivere a lungo. Attualmente la presenza del pediatra è garantita, fino a fine mese, 12 ore al giorno per cinque giorni a settimana, da professionisti a gettone.
La preoccupazione dell’Azienda è anche attivare al più presto un percorso nascita territoriale sulle valli di Fiemme e Fassa, a prescindere dalla sorte del punto nascita.

«Percorso sotto la regia ostetrica di vicinanza alla donna che nelle aree dove è stato attivato ha già dato notevoli risultati in quanto la donna è supportata da ostetrica e ginecologi in gravidanza e dopo. Questo progetto in val di Fiemme ancora non è a regime», spiega Bordon.

Se non avverrà il miracolo, il rischio è che il punto nascita di Cavalese abbia davvero le settimane contate. «La difficoltà non è garantire il servizio per qualche settimana, ma dare continuità al servizio così però come previsto dalle direttive ministeriali, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Non possiamo avere un’organizzazione che si basa sul volontariato in quanto si è visto che comunque, anche remunerando questi sforzi, non c’è disponibilità», sottolinea Bordon.

L’incentivo per i pediatri sarebbe costato all’Azienda 300 mila euro, ma a questo punto è evidente che la questione non è economica. Impensabile, per Bordon, anche imporre la mobilità.  «Il rischio, imponendo, è quello di sguarnire anche a Trento e Rovereto in quanto i pediatri sono professionisti richiesti che potrebbero scegliere di andare a lavorare altrove».

Ora si è in attesa anche di sapere cosa dirà il Comitato nazionale per il percorso nascite. A fine anno la Provincia aveva inviato una lettera e si attende una risposta entro il mese di febbraio. Con numeri così bassi e la mancanza di professionisti, però, le possibilità di una deroga sono davvero poche.


 

L'AUTO MEDICA PER IL PARTO

La tanto attesa neve è caduta sul Trentino rendendo felici gli operatori turistici. Ma siccome c’è sempre un rovescio della medaglia, i fiocchi di neve dell’altra sera non da tutti sono stati graditi. Ad esempio, la coppia che era in attesa del bambino. Diciamo subito che tutto è andato a buon fine e il nascituro ha emesso i primi vagiti nella sala parto dell’ospedale di Fiemme a Cavalese per la gioia dei genitori, ma qualche momento di preoccupazione è stato vissuto perché l’elicottero che doveva partire da Trento causa la neve non si è alzato in volo.

E’ toccato dunque all’auto medica partita da Trento arrivare a Cavalese per seguire il parto. Sull’auto medica un’anestesista e un’ostetrica che assieme al personale dell’ospedale hanno seguito il parto nella maniera migliore.

Tutto bene ciò che finisce bene, ma questo episodio ha suscitato alcuni commenti. «Bastano due dita di neve - dice il portavoce di Parto per Fiemme Alessandro Arici - per bloccare un elicottero e creare del panico in una famiglia».

Frattanto la battaglia della Val di Fiemme per salvare il punto nascite continua. Proprio l’associazione Parto per Fiemme era l’altro ieri su Rai Due nella trasmissione «Medicina 33» dove ha spiegato la situazione del punto nascite fiemmese.

E proprio da questo programma è scaturita una novità. Racconta Alessandro Arici: «Un neonatologo di Ancona con un curriculum di tutto rispetto ci ha chiamati chiedendo informazioni sul venire a lavorare a Cavalese. Essendo un amante della montagna per lui sarebbe un sogno. Il fatto è che, visto quanto successo nell’ultimo anno, siamo in imbarazzo come associazione perché non sappiamo a chi segnalare il professionista che si è reso disponibile. Siamo in difficoltà perché se a chi vuol venire non si dice quanto guadagna (ora ci hanno messo fortunatamente una pezza), non si dice se chiude o meno il punto nascite e che non è detto che faccia delle rotazioni su Rovereto e Trento, mi si spieghi come fa un professionista a scegliere Cavalese.
Siamo in una situazione di stand-by che è stata creata ad hoc, oppure semplicemente un lavoro fatto male da qualcuno. Comunque sia la sostanza non cambia. Il rischio per chi abita nelle valli più lontane da Trento è sempre più elevato».

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