Idroelettrico a Belluno, contestati progetti di una ditta bolzanina

Malgrado un vasto movimento popolare contrario e le stesse prese di posizioni dei Comuni, la Regione Veneto continua a favorire il proliferare di centrali idroelettriche nei corsi d’acqua bellunesi. Sono centinaia le domande in corso, come denuncia il Comitato bellunese acqua bene comune, che riunisce una miriade di realtà associate, dai sindacati agli scout, dalle associzioni ambientaliste a quelle dei pescatori.

La questione idroelettrico, peraltro, ultimamente sta crescendo anche in Trentino sollevando punti di vista contrapposti.

Al centro della mobilitazione bellunese c’è una presa d’atto dei danni ambientali e economici prodotti da queste alterazioni dell’ecosistema, in una provincia delicata, quella fra l’altro della catastrofe del Vajont, in cui ormai solo il 10% dei corsi d’acqua è risparmiato dalla cementificazione a scopi idroelettrici (il resto del depauperamento, peralttro, viene dal prelievo irriguo al servizio delle idrovore coltivazioni della pianura veneta).

Sul fronte del conto energetico, si sottolinea, il contributo di questi nuovi impianti iperfinanziati dallo Stato è irrilevante e si otterrebbe molto di più semplicemente rendendo più efficienti le grandi centrali storiche presenti sulle Dolomiti.

Per Belluno, denunciano da anni i comitati, oltre alle briciole del business elettrico che vede lo Stato sovvenzionare generosamente ditte private, ci sono gli effetti negativi sul turismo (per lo svuotamento di fiumi, torrenti e laghi) e più in generale sul patrimonio naturale.

Uno dei fronti caldi e simbolicamente pesanti di questi giorni riguarda tre progetti di sfruttamento idroelettrico del fiume Piave da parte della ditta sudtirolese Reggelbergbau.

Tre le centrali che l’azienda bolzanina intende realizzare: una nel rione Santa Caterina a Ponte nelle Alpi, un’altra una decina di chilometri a valle, sotto il centro storico di Belluno (presso il ponte della Vittoria) e la terza nella zona di Praloran, in comune di Limana.

In questi giorni, però, la resistenza sta crescendo, forte anche dei successi ottenuti negli anni scorsi, come lo stop, raggiunto con ricorso in Cassazione, al cantiere già aperto in valle del Mis dalla bresciana Valsabbia Spa presieduta da Chicco Testa (ora sul posto resta l’alveo cementificato, mentre si litiga sulla responsabilità del ripristino ambientale).

Nei giorni scorsi era previsto un sopralluogo, a Limana, nell’ambito dell’iter di una delle tre centrali proposte dalla ditta sudtirolese. Ma i tecnici della Regione Veneto hanno trovato un’accoglienza piuttosto rumorosa, un presidio del comitato Acqua bene comune che alla fine ha indotto a rinviare il sopralluogo.

Ecco le parole del comitato bellunese. «Siamo di fronte all’ennesimo atto di attacco alle nostre risorse, ai nostri beni comuni per meri scopi privatistici. L’iniziativa della ditta Reggelbergbau caratterizzata dalla presentazione di ben tre progetti in un colpo solo ci dimostra, se mai ce ne fosse stato bisogno, il grado di arroganza raggiunto da questi nuovi predatori dell’acqua.

Ma la responsabilità politica va ricercata nell’immobilismo della Regione Veneto che ancora non ha voluto regolamentare un settore caratterizzato dalla poca trasparenza e dal mancato rispetto delle normative europee in materia. Un far west che sta provocando la privatizzazione selvaggia dell’ultimo 10 percento di acqua dei nostri fiumi rimasta libera di scorrere sui propri alvei. Adesso è ora di dire basta! Per questo abbiamo organizzato un presidio davanti al municipio di Limana».

Uno dei soggetti più attivi nella mobilitazione, la Casa dei beni comuni di Belluno, scrive: «Una opposizione netta di una comunità di comunardi e comunarde stanca di sentire dalla politica regionale un continuo rimpallo di responsabilità. “È la Regione Veneto di Zaia e Bottacin che ha in mano la partita e che può mettere fine alla speculazione sui nostri torrenti. Dov’era Zaia in questi anni? Cosa sta facendo Bottacin? Si devono dare una svegliata!”.

Parole ripetute più volte nel corso del presidio dagli attivisti che non hanno mancato di ricordare la storia di un comitato che da oltre 15 anni ha intrapreso un percorso di contrapposizione netta all’iper-sfruttamento idroelettrico. “Abbiamo promosso serate informative, organizzato convegni, prodotto decine e decine di documenti che dimostrano l’irrazionalità di uno sfruttamento che ha il solo scopo di arricchire i predatori e gli speculatori. Il re è nudo e da oggi, ogni occasione pubblica sarà momento di contrapposizione sociale, siamo in mobilitazione permanente.”

E il clima nonostante la pioggia, non ha tardato a surriscaldarsi. L’arrivo dei funzionari del genio civile è stato accompagnato dal frastuono delle racole e dei fischietti che per tutto il presidio hanno scandito il tempo della protesta. Una determinazione che da tempo non si vedeva sul nostro territorio tanto che le autorità competenti hanno ritenuto di dover sospendere la procedura e rinviare il sopralluogo a data da destinarsi.

Una vittoria, una piccola grande vittoria che nasce dalla caparbietà di una comunità di attivisti che non ha mai mollato e che con amore sta difendendo questo territorio grazie alla spinta e alla forza di migliaia di bellunesi che hanno partecipato in questi anni alle manifestazioni e ai presidi pubblici del comitato Abc.

Chiudiamo con le parole, che facciamo nostre, di un pescatore presente al presidio: “Bravi ragazzi!”. #AdessoBastaCentrali; #PalazzoBalbiSveglia».

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