Belluno, Venezia accorpa le Ulss allarme per l'ospedale di Feltre

Il presidio sanitario è utilizzato anche dai pazienti del Primiero

Riguarda anche utenti trentini uno dei fronti caldi delle battaglie cui sono costretti i bellunesi per difendere istituzioni, presidi sociali e risorse naturali nel territorio alpino, continuamente minacciati di chiusura, trasferimento fuori provincia, ridimensionamento al ribasso, ipersfruttamento (specie dell'acqua) a causa di decisioni sistematicamente calate dall'alto, da Roma o da Venezia.

In questo caso si tratta della organizzazione della sanità di montagna voluta dalla giunta veneziana guidata dal leghista Luca Zaia. È destinata a sparire una delle due unità locali sociosanitarie bellunesi (in passato peraltro erano tre), quella di Feltre il cui ospedale principale di riferimento serve anche i pazienti del vicino Primiero, sulla scorta di un'apposita convenzione fra Veneto e Provincia autonoma di Trento.

Malgrado la contrarietà manifestata dai territori e da numerosi sindaci, il governo veneto ha già mandato a dire che non si discute la decisione di accorpare la Ulss 2 di Feltre con la numero 1  di Belluno, dove ha sede il principale ospedale della provincia dolomitica. Giusto per dare l'idea della considerazione, la Regione ha pure invitato i sindaci del Bellunese a una riunione sulla riorganizzaizone della sanità, da tenersi nel Trevigiano, a centinaia di chilometri dalla gran parte delle sedi municipali, come ha fatto notare in una lettera al vetriolo Alessandra Buzzo, prima cittadina di Santo Stefano di Cadore e vicepresidente della conferenza dei sindaci: «Mi permetto sottolineare - ha scritto polemicamente all’assessore regionale alla sanità - che al momento la Provincia di Belluno esiste ancora e di conseguenza di invitare le Signorie Vostre a organizzare l’incontro in sede e località più opportuna, in modo da dare concreto segnale di attenzione verso i territori di montagna e marginali in materia di sanità e servizi sociali. Territori dove essere malati, anziani, disabili, famiglie in difficoltà, minori in difficoltà e - se possibile - ancora più complicato e difficile per viabilità, trasporti, distanze, costi, condizioni climatiche eccetera.
A tal proposito metto a disposizione una sala riscaldata per l’incontro, dato che qui è già iniziato il freddo e anche riscaldarsi sta diventando un lusso».

Sulle conseguenze, ritenute deleterie, delle politiche venete anche in materia di sanità, è intervenuto con una nota anche il movimento Belluno autonoma Regione Dolomiti (Bard) che illustra la sua proposta.

«Il presidente Luca Zaia - scrive il Bard - ha recentemente affermato che “c’è chi dice che con la scusa dell’unificazione delle Ulss si voglia chiudere ospedali” e ha assicurato che “nessun ospedale chiuderà e che l’ospedale di Feltre resterà con tutti i servizi, a cominciare da quelli di eccellenza per i quali è anche centro di riferimento regionale, senza togliere nemmeno un servizio alla persona ammalata, che resterà al centro della sanità”. Lo prendiamo in parola; chi vivrà vedrà. Il Bard non intende fare inutili polemiche sulla pelle dei residenti nelle comunità dolomitiche».

Ma a preoccupare sono i numeri della sanità bellunese: dal 2012 al 2014 le risorse assegnate alle Ulss 1 e 2 sono diminuite di 13,9 milioni di euro (pari al -3,6%), mentre nello stesso periodo è sparito il contributo regionale aggiuntivo di 7 milioni di euro l’anno all’Ulss 1 per il riequilibrio territoriale.
Lo stesso si può dire per il numero di unità complesse: dal 2011, l’ospedale di Belluno ne ha perdute tre (dermatologia, neurochirurgia e terapia antalgica); quello di Agordo ha visto trasformarsi la chirurgia in una surgery settimanale che ora chiuderà due giorni alla settimana, lo stesso per ortopedia e per il ridimensionamento del laboratorio analisi.
Pieve di Cadore ne ha perdute quattro (cardiologia, ostetricia-ginecologia, radiologia e il laboratorio analisi), Feltre ha perduto il centro trasfusionale e l’attività di biologia molecolare, ma ha ottenuto una unità complessa d’urologia. Con l’applicazione del nuovo piano sanitario che riduce a 3,4 letti per mille residenti lo standard ospedaliero, i letti nell’ULSS 1 si ridurrebbero di 242 unità, scendendo a 438, mentre l’ULSS 2 vedrebbe una riduzione di 144 letti, offrendone 278.

«Viste le premesse e il progressivo ridursi dei servizi offerti dagli ospedali di Pieve e di Agordo, - commenta il Bard - il presidente Zaia può ben comprendere le nostre preoccupazioni, soprattutto considerando che può solo in parte garantire la permanenza dei servizi.

La sanità veneta dipende, come tutte le altre, dai trasferimenti dello Stato, che dal 2011 al 2015 hanno subito una contrazione di 35 miliardi di euro, e nel solo 2014 una riduzione di 2,35 miliardi di euro: in Veneto, dal 2011 al 2014, si è stati costretti a tagliare 293 milioni di spesa sanitaria regionale.

Questo nonostante il rilevante risanamento dei conti della sanità regionale, che dal 2010 ha un disavanzo positivo medio di circa 10 milioni di euro l’anno. Sappiamo che le scelte del governo nazionale costringono il Veneto a una riduzione della spesa sanitaria, ma ribadiamo i diritti irrinunciabili delle comunità dolomitiche».

Ed ecco il «piano» per la sanità bellunese targato Bard: assicurare alla montagna gli stessi servizi di cui godono gli abitanti della pianura veneta; mantenere il centro delle decisioni sulle politiche socio sanitarie territoriali in capo alle Ulss bellunesi, e non trasferito ad una azienda zero veneta (che, invece, può avere una utile funzione di centrale unica degli acquisti di beni e servizi sanitari, oltre che una funzione di definizione strategica dei centri di specializzazione e della rete dei servizi medico sanitari); riconoscere che la spesa pro-capite per l’erogazione dei servizi socio-sanitari in montagna è specifica del territorio montano e non segno di inefficienza delle strutture amministrative e sanitarie locali; riconoscere che gli ospedali di Pieve e Agordo sono presidi irrinunciabili per contenere lo spopolamento montano e garantire servizi essenziali ai residenti e agli ospiti; riconoscere il diritto delle Ulss bellunesi a ricercare un’integrazione socio-sanitaria con i territori montani confinanti, con i quali già esiste una collaborazione (Primiero, Valsugana, Val Pusteria).

«Ribadiamo il nostro impegno – conclude il Bard - per impedire una sciagurata applicazione di criteri omogenei in ambito socio sanitario. Siamo consapevoli che serve un costante miglioramento anche nelle strutture sociosanitarie provinciali bellunesi, ma ci opponiamo - e ci opporremo sempre, con tutte le nostre forze - all’adozione di criteri stabiliti senza considerare il formidabile ostacolo che l’orografia dolomitica oppone a chiunque intenda garantire in questo territorio beni e servizi pubblici».

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