Voglia di autonomia, Bolzano dice no a Voltago: critici i ladini bellunesi

La commissione del consiglio provinciale di Bolzano, competente sulle proposte di modifica dello Statuto di Autonomia, ha dato parere negativo all’aggregazione del Comune del bellunese di Voltago Agordino al Trentino Alto Adige. La relativa proposta di delibera passa ora in consiglio provinciale. Il presidente della commissione, Dieter Steger, spiega: «non è stata rilevata alcuna ragione storica per un’aggregazione del Comune, sul cui territorio non risiede alcuna minoranza etnica».

Voltago, al confine con il Trentino nella zona delle Pale di San Martino, è uno dei numerosi municipi che sono già andati al voto per chiedere il passaggio al Trentino Alto Adige oppure, nel caso di Sappada (all’estremo opposto, a nordest) al Friuli. Dietro ai referendum c’è la battaglia bellunese per ottenere una forma di autonomia per questa zona montana all’estremo nord del Veneto, che confina anche con l’Austria. Proprio nei giorni scorsi il governatore del Veneto Luca Zaia (Lega Nord) aveva mandato a dire ai montanari che, per carenze finanziare in Regione («colpa di Roma»), non sarà applicata la legge che prevede il trasferimento di molte competenze da Venezia a Belluno (approvata nell’agosto scorso per attuare quanto stabilito dalla Statuto regionale).

Sul parere negativo espresso dal consiglio provinciale di Bolzano, intervengono criticamente il comitato referendario locale e i rappresentanti del mondo ladino bellunese, riferendosi sia alla negazione della presenza di minoranze sia più in generale all’esigenza di collocare l’intera questione nella prospettiva della necessità di strumenti forti di autogoverno coerenti e omogenei nell’area dolomitica.

«Ben sappiamo che in Sudtirolo e in Trentino è conosciuta e riconosciuta la ladinità delle valli altoatesine di Gardena e Badia, quella della val di Fassa e di Livinallongo del Col di Lana con Colle Santa Lucia e Cortina d’Ampezzo, appartenuti al Tirolo austriaco sino alla fine della Grande Guerra, ma spesso non è conosciuta e/o riconosciuta la più estesa ladinità dolomitica bellunese che pure è ampiamente documentata con tesi di laurea, testi scientifici e Unioni Ladine operative su tutto il territorio dell’Agordino, Zoldo, Cadore con il Comelico», scrivono in una nota il referendario di Voltago Gabriele Riva e Danilo Marmolada, presidente della Federazione bellunese tra le unioni culturali dei ladini dolomitici (nonché vice nel direttivo del movimento autonomistico Bard).

«Per il caso specifico del comune di Voltago Agordino - si legge ancora nel testo - basti solo citare il vocabolario dei dialetti ladini e ladino-veneti dell’Agordino di Giovanni Battista Rossi, uscito nel 1992 e ristampato di recente, frutto di decenni di lavoro e che si avvale della prefazione del docente universitario a Padova, Giovan Battista Pellegrini, uno dei più grandi, se non il più grande ladinista al mondo, di fama internazionale.

Ma centinaia sono i documenti sul ladino bellunese prodotti anche da altri studiosi di varia estrazione. Per l’Università di Padova si possono citare anche il prof. Carlo Tagliavini e la professoressa Laura Vanelli.
Ma altri studi interessanti il ladino bellunese provengono dall’Università di Udine ed anche dal mondo tedesco: Max Pfister, che sostiene come la zona agordina sia tra le aree ladine più interessanti; Hans Goebl e Brigitte Ruelinger per l’Università di Salisburgo autori del corposissimo lavoro dell’Atlante linguistico del ladino dolomitico e dei dialetti limitrofi prima parte in quattro volumi.

Solo di recente il ladino bellunese ha avuto un riconoscimento giuridico a seguito delle evidenti documentazioni di carattere scientifico ed in applicazione all’art. 6 della Costituzione italiana. Solo dopo 51 anni dalla Costituzione infatti è stata promulgata la legge n. 482/99.

In applicazione di detta legge, tramite l’approvazione all’unanimità della delibera del consiglio provinciale di Belluno n. 30/244 del 27.10.2001 e per Calalzo di Cadore del 26.02.2003 in recepimento delle rispettive delibere dei consigli comunali e degli Statuti del 1990, finalmente è stata definita l’area del ladino bellunese comprendente 39 comuni, compreso il comune in oggetto.

Ora, in tutto rispetto, pretendiamo sia riconosciuta anche la ladinità dei territori a sud e a est del vecchio confine dell’Impero asburgico.

Come per la ladinità tirolese, trattasi di territori che hanno subito influenze linguistiche, consuetudinarie e nella tradizione, sia dall’area tedesca a nord, che da quella italiana a sud in modo più o meno marcato.
Per la conca agordina ad esempio, di cui Voltago fa parte, i primissimi abitanti sono di origine longobarda, come ancor oggi testimonia la toponomastica: Oltach, Farsenech, Brugnach.

E al di là della storia, l’invito ora è a guardare al presente ed al futuro.
L’area della provincia di Belluno, interamente montana e per gran parte dolomitica, anche attraverso i referendum, chiede forme di autonomia forte e pari dignità.
Le oltre 19 mila firme raccolte tre anni fa per l’indizione del referendum provinciale per il distacco dal Veneto (consultazione bocciata dalla Corte di cassazione) e gli oltre 35 mila sì dei vari referendum dei comuni di confine stanno a testimoniare la forte volontà di autonomia e aggregazione all’area alpina.

Più che un diniego alla revisione dei confini, ci aspettiamo un ragionamento più ampio, e se vogliamo complesso, sulla questione del diritto all’autonomia per la gestione dei territori montani, peraltro da sempre attuata dalle genti di montagna nella storia.
Il momento è ora. Noi facciamo la nostra parte, ma i territori autonomi confinanti devono fare la loro ampliando il loro orizzonte di vedute per un reciproco vantaggio».

 

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