Trascinato per 300 metri da una moto a tutto gas Il racconto dell'agente di polizia Marco Sartori

di Paolo Liserre

Marco Sartori è tornato a casa. Pieno di botte, lividi, escoriazioni, garze e cerotti. Ma adesso è a casa e può cominciare a dimenticare. «Mi sento un rottame» ci dice scherzando, forse per esorcizzare la grande paura. «Perché sì, in quegli istanti ho avuto veramente paura di morire, ho pensato "stavolta non ce la faccio».

A meno di ventiquattr'ore dalla terribile esperienza vissuta domenica mattina sulla statale per il lago di Tenno (dove un motociclista milanese di 23 anni lo ha trascinato per 300 metri, misurati ufficialmente, prima che lui stesso lasciasse la presa del fuggitivo), l'agente della Polizia Locale Alto Garda e Ledro, quasi trent'anni di onorato servizio, ha potuto lasciare l'ospedale ma al di là delle ferite c'è soprattutto un contraccolpo psicologico da superare.

Agente, cosa ricorda di quegli istanti?

Ricordo praticamente tutto. Quel gruppetto di motociclisti l'ho sentito da Pranzo perché quel motociclista tirava e la sua moto faceva un rumore indescrivibile. Io ero in auto, ho visto che si fermavano nel parcheggio vicino all'hotel e quando è arrivato anche quel ragazzo mi sono avvicinato e gli ho chiesto patente e libretto. Lui mi ha detto che non li aveva con sé.

A quel punto cos'è successo?

Io mi sono girato un attimo verso un gruppo di genitori coi loro figli che chiedevano informazioni e in quel momento il ragazzo è salito in sella alla moto. Gli ho detto che non poteva andarsene e lui mi ha guardato negli occhi per qualche secondo e poi ha acceso la moto. Gli ho messo una mano sulla sua mano destra, quella del gas, ma lui improvvisamente è partito. Io non ho mollato la presa, gli sono andato dietro, ma dopo essere uscito dallo stop del parcheggio ed essersi immesso sulla statale senza nemmeno guardare, ha aperto il gas e ha preso velocità.

Lei non ha comunque mollato la presa, giusto?

Esatto, ma il motociclista ha subito aperto il gas a tutta e ha preso velocità. In pochissimi secondi è arrivato a 70-80 all'ora, io ero praticamente una "bandiera" e per fortuna sono riuscito ad aggrapparmi a lui anche con il braccio sinistro. Gli ho continuato a urlare "rallenta, rallenta, che ti mollo" ma lui niente. Anzi, andava avanti a zig zag proprio per scrollarsi di dosso la mia presenza. È stato terribile.

Qualcuno afferma che poteva lasciare la presa subito, appena il centauro è ripartito...

Quegli attimi iniziali sono stati frazioni di secondo e quando mi sono reso conto di quello che voleva fare ormai aveva preso velocità. A quel punto se mi mollavo rischiavo di andare a sbattere contro il guard-rail, conoscendo la strada ho atteso un altro attimo in modo da arrivare in un punto costeggiato da un declivio e lì mi sono lasciato andare.

Nonostante lo choc è riuscito a dare ai colleghi un indizio importante per risalire al motociclista pirata...

Ho visto che su quel casco integrale bianco c'era il diminuitivo di un nome (poi risultato essere quello del cognome del giovane milanese, ndr.). E le immagini delle telecamere e i successivi accertamenti mi pare abbiano confermato questo particolare.

Mai capitata altre volte un'esperienza simile?

Assolutamente no, in quasi trent'anni che faccio questa professione. Sono stupito, il nostro lavoro sta diventando sempre più difficile e pericoloso.

Il giovane motociclista lombardo, 23 anni, alcuni precedenti alle spalle, ha ricevuto ieri mattina la visita dei colleghi della Polizia Locale di Milano che hanno posto sotto sequestro la moto. Deve rispondere di «resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali e omissione di soccorso». I quattro amici di «favoreggiamento».

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