Minaccia denuncia per stupro Tutto inventato: condannata

Il loro bluff è stato scoperto nello spazio di una notte. Due donne, nell’estate 2016, sono finite nei guai per furto ed estorsione: avevano finto un malore per far fermare un automobilista e poi l’avrebbero minacciato. Se non avesse dato loro dei soldi, l’avrebbero denunciato per stupro. Ecco, quella vicenda è approdata ieri davanti al Gup Monica Izzo: una delle due nel frattempo è venuta a mancare, ma l’altra ha dovuto fare i conti con la giustizia. Ed è stato un conto piuttosto salato, nonostante sia riuscita a schivare la condanna per furto: la sola tentata estorsione le è costata una condanna a due anni, due mesi e 20 giorni, con una multa di 500 euro. Ovviamente, senza condizionale, essendo la pena superiore ai due anni.

La vicenda all’epoca aveva fatto rumore. I fatti risalgono all’agosto 2016. Vittima del raggiro, un operaio rivano, che quella notte aveva lavorato all’Aquafil. Alle 5.30 del mattino stava tornando a casa e, sulla statale del Linfano, si è imbattuto in una donna stesa a lato strada. Aveva tutta l’aria di stare male e l’uomo - un 46enne - non ha voltato la testa dall’altra parte. Si è fermato e ha chiesto se serviva aiuto. Quando si è accorto che la donna, una trentenne della Repubblica Ceca, non era sola, ma accompagnata da un’amica di 50 anni di origini ucraine, si è offerto di accompagnare entrambe fino al più vicino pronto soccorso. Stando alla denuncia - e alla ricostruzione della procura - a quel punto è scattata la trappola: le due donne, una volta in auto, avrebbero chiesto denaro. Non ricevendolo prontamente, avrebbero messo in atto la minaccia, che da sola integrava il reato d’estorsione: o l’uomo metteva mano al portafoglio, o le donne, approfittando del fatto di essere in due, quindi una testimone per l’altra, lo avrebbero denunciato per stupro. Lui a quel punto si è spaventato, e al primo bancomat ha prelevato 60 euro da consegnare loro. Finita così? Quasi. Le due donne, ricevuto il denaro, hanno abbandonato la macchina per scappare, non prima di prendersi una giacca, che l’uomo custodiva sul sedile posteriore.

Non appena le due donne si sono allontanate, l’operaio 46enne è andato dai carabinieri: sapeva di non aver fatto nulla di male, e giustamente si è fidato della giustizia. Ha raccontato la vicenda, ha descritto le due donne. E i carabinieri a quel punto hanno impiegato poco a capire di chi si trattasse: le due amiche erano già note alle forze dell’ordine. Ecco perché sono state identificate così in fretta.

Più lento è stato il procedimento penale. Una delle due nel frattempo è morta. Ma l’altra - la trentenne ceca - ieri è finita a giudizio. Ed è uscita dal tribunale con una condanna.

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