Nathan vince sui kart ma ama ancora i lego

di Paola Malcotti

Ha appena compiuto 11 anni e frequenta la 5a elementare, ma al suo attivo conta già 38 medaglie e ben 99 tra coppe, trofei, targhe. Lui è Nathan Seganti, giovane campione rivano che partendo dalla passione per i kart sta oggi sgommando verso l’Olimpo dell’automobilismo.

E non solo: oltre ad essere una promessa del mondo dei motori rombanti, Nathan è un asso anche in altre discipline, che vanno dal nuoto alla vela, dal taekwondo al parkour, dallo sci alpino a quello d’erba, dal ciclismo da strada al bmx e al motocross. Tutto è iniziato però con le mini-quattro-ruote, nel 2009, quando lui di anni ne aveva solo tre e mezzo. Quindi un’attività pre-agonistica durata fino al 2013 e la partecipazione ad oltre una trentina di eventi kartistici nazionali e internazionali. Dietro, una seria preparazione alla Green Karting School di Treviso, una delle migliori scuole di pilotaggio italiane, che apre le porte dell’automobilismo ai pilotini in erba.

Quando e come è nata la tua passione per lo sport?

«Credo di aver infilato i primi sci ancora a 22 mesi, perché già allora mi piaceva la velocità. Quando poi ero a passeggio con mamma e papà andavo a curiosare sotto le macchine, in cerca delle marmitte: più ne trovavo e più ero felice. A 3 anni e mezzo sono salito per la prima volta su di un kart: che gioia quando si è acceso il motore! Poi a Natale, sotto l’albero, ho trovato un pacco enorme: dentro c’era il mio primo kart, un 38 cc di colore rosso (oggi invece piloto un 60 cc da gara). Ho però continuato anche a sciare, fino ad arrivare al Brentonico Ski Team, dapprima nel pre-agonismo e poi nella squadra agonistica. Il taekwondo l’ho iniziato a 4 anni e mi è piaciuto subito, sia nel combattimento sul tatami con i guantoni e il casco, sia nelle forme. Mi piace moltissimo anche salire in sella alle moto da cross, perché tra salti e polveroni di terra c’è tanta adrenalina».

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Come ti senti prima di affrontare una gara?

«Sono emozionato ma sempre pronto ad affrontare ogni evenienza o sorpresa, come la pioggia, la nebbia e la neve, oppure gli avversari. Quando scendo in pista poi mi sento grintoso e concentrato».

Come riesci a conciliare gli allenamenti e le gare con la scuola e lo studio?

«Mi piace molto andare a scuola e le mie materie preferite sono matematica, inglese, informatica, storia, scienze. E naturalmente ginnastica. Cerco di fare i compiti in fretta perché poi voglio andare agli allenamenti: a volte non è facile, soprattutto quando devo portare i quaderni anche sul campo di gara, ma ho sempre preso bellissimi voti nelle verifiche e in pagella».    

Cosa dicono i tuoi compagni e i tuoi amici? Tifano per te?

«I miei compagni di classe sono anche i miei amici: insieme ci divertiamo, sono contenti per me e mi dicono che sono bravo. Qualcuno di loro è venuto a vedermi durante gli allenamenti di kart, ma non alle gare perché quelle sono sempre fuori regione».

Cos’altro ti piace fare nel tempo libero?

«Giocare con i Lego, fare le battaglie con i miei amici, leggere libri di avventura».

Cosa vorresti fare da grande?

«Vorrei continuare a praticare sport, mi piacerebbe diventare pilota professionista, campione di motocross o di skicross. Ma vorrei anche costruire navicelle spaziali o robot».

Qual è il tuo idolo?

«Tifo per Alonso, Massa e Vettel - piloti di Formula 1, e per Cairoli - campione di motocross. Nello sci tifo per i miei amici della nazionale italiana Matteo De Vettori di Rovereto e Luca De Aliprandini della Valle di Non, che d’estate è anche mio istruttore di motocross. Il mio più grande idolo però è il mio papà».

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C’è qualche altro sport che ti attira?

«Lo ski free-style, ossia i salti con gli sci, e il kitesurf, che non vedo l’ora di provare la prossima estate assieme al mio istruttore di sci Tobia».
Intanto, nel curriculum, spiccano già diversi titoli nelle sue categorie: vincitore del campionato del Triveneto di kart e del campionato tosco-emiliano del 2014, medaglia di bronzo al campionato agonistico di sci alpino trentino, terzo posto al campionato italiano assoluto di sci d’erba nello slalom speciale, medaglia d’argento nel gigante, diploma in cintura rossa-punta nera nel taekwondo (disciplina nella quale Nathan si sta ora preparando per passare a cintura nera, anche se l’esame potrà farlo solo dopo i 12 anni), quinto posto ai campionati italiani di bici su strada e terzo alla gara nazionale nella specialità. Ad aiutare e soprattutto appoggiare Nathan nelle sue imprese, ci sono sempre mamma Monika e papà Davide.

Nathan pratica molti sport: come riuscite a gestire la sua agenda ed assecondare la sua carriera sportiva?

«Tutto è iniziato per gioco ma poi, con l’aumentare del numero delle attività e l’infittirsi del calendario, la gestione si è fatta più complessa e articolata. Servono organizzazione, ottimizzazione dei tempi e grande sintonia di intenti tra gli impegni sportivi, scolastici e familiari; ogni tanto bisogna però fare delle scelte. Seguire Nathan è impegnativo e allo stesso tempo divertente, ma soprattutto ci consente di vivere  insieme e in famiglia ogni singola esperienza. Siamo una vera squadra. Lui è un atleta polivalente con molte potenzialità, ha grande energia e forza, predisposizione per la velocità e gli sport d’azione. Lo sosteniamo e incoraggiamo a perseguire i suoi obiettivi, lo accompagniamo affinché possa sentirsi libero di esprimere i suoi talenti in tutte le direzioni: riteniamo che sia nostro compito permettergli di praticare più discipline, anche se molto differenti tra loro, per acquisire flessibilità d’azione e capacità di adattamento, qualità utili anche nello studio. Frequentare diversi ambienti sportivi gli permette inoltre di conoscere molti bambini, italiani e stranieri, e di trarne grande arricchimento personale».

Quali consigli vorreste dare a genitori di ragazzi talentuosi come Nathan?

«Di divertirsi insieme ai figli, assecondando le loro passioni, senza mai considerare quelle che sono o sono state le proprie, perché non sempre possono coincidere. Vedere concretizzarsi i loro talenti naturali è una grande gioia, perché quando ad un bambino viene data la possibilità di esprimere se stesso al meglio e in ciò che più desidera, a noi genitori viene restituito cento volte di più di quello che gli è stato donato per arrivare fin lì».

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