Orso, sbagliato  e dannoso reintrodurlo

La lettera di Marco Bosetti: «L' orso ha straziato e ucciso la mia asina «Rasa» che si trovava in montagna, in Val Rendena, in un ampio pascolo recintato assieme alla figlia Rasina di 10 mesi e al maschio delle mie capre Cosmos. Lascio immaginare le sensazioni che abbiamo provato nel vederla ridotta in quelle condizioni; fra le varie cose ho pensato anche agli artefici di tutto ciò, seduti alle loro comode scrivanie, agli accondiscendenti ecologisti da salotto sulle loro calde poltrone, a tutti coloro che hanno ritenuto e ritengono che il mio asino sia meno importante del loro orso» 

L' orso ha straziato e ucciso la mia asina «Rasa» che si trovava in montagna, in Val Rendena, in un ampio pascolo recintato assieme alla figlia Rasina di 10 mesi e al maschio delle mie capre Cosmos. L'orso, giustamente, si comporta da orso. Anch'esso, come i miei e altrui animali, con i rispettivi allevatori, si trova vittima di un disegno scriteriato che ha previsto la sua introduzione. È stato introdotto d'imperio in un ambiente non più adatto alle sue esigenze e, naturalmente, cerca di arrangiarsi come meglio può, facendo incursioni non solo nei pascoli di montagna, ma anche nei paesi, in cerca di cibo. In altre parole si è ritenuto opportuno costruire una casa partendo dal tetto.
La mia, o meglio la nostra Rasa, taglia grande, 12 anni, ci ha aiutati nei trasporti in malga, è cresciuta con i miei figli, si può dire faceva parte della famiglia e, sicuramente, nella sua vita ha smentito la nomea affibbiata agli asini dalla presunzione umana.

 

Lascio immaginare le sensazioni che abbiamo provato nel vederla ridotta in quelle condizioni; fra le varie cose ho pensato anche agli artefici di tutto ciò, seduti alle loro comode scrivanie, agli accondiscendenti ecologisti da salotto sulle loro calde poltrone, a tutti coloro che hanno ritenuto e ritengono che il mio asino sia meno importante del loro orso. E che la distruzione di apiari che sta continuando in questi giorni, peraltro da me stesso subita qualche anno fa, e la distruzione di animali in genere sia risolvibile con un semplice indennizzo; ho pensato alle condizioni in cui ci troviamo, impossibilitati a portare il bestiame al pascolo con tutto ciò che ne deriva anche in termini ambientali, e ho pensato anche a coloro che da tutto questo traggono stipendi dal denaro pubblico, nel quale rientra anche quello che verso io.


Ma il mio caso personale non è altro che la manifestazione di un problema più generale: l'espropriazione del territorio della gente di montagna a vantaggio di una sovrastruttura che, se valutata in termini di costi e benefici (collettivi), non ha ragione di esistere.
Il progressivo distacco della maggior parte delle persone dall'ambiente naturale e il diffondersi di una visione idilliaca della montagna, nonché di una concezione ideologica dell'ambiente e di un approccio «scientifico» presuntuoso che non tiene conto dei saperi derivanti dall'esperienza di secoli, ha portato a una prevaricazione da parte di modelli cittadini assunti anche a livello amministrativo. Per cui assistiamo da un lato a situazioni in cui tutto è vietato in nome dell'integrità e, dall'altro, nei centri abitati di fondovalle, al proliferare di costruzioni, centri commerciali compresi, che nulla hanno a che fare con una gestione oculata dell'ambiente, e all'adozione di modelli economici a lungo andare deleteri. Risultato: distruzione del paesaggio su entrambi i fronti.


Le malghe, sempre più sfuggono di mano ai locali, per passare agli speculatori; chi decide di portare in montagna i propri animali sui propri appezzamenti svolge servizio viveri per l'orso: gran bel risultato per l'economia locale, la popolazione e l'ambiente. La responsabilità ritengo sia non solo a livello provinciale, ma anche dei residenti che, adagiandosi a più agevoli ritmi di vita e alle lusinghe del denaro, hanno perso di vista che il governo e la salvaguardia del proprio territorio è fondamentale per la sopravvivenza nostra, dei nostri figli e nipoti, dilapidando un patrimonio non solo materiale ma anche, soprattutto, culturale; di coloro che hanno amministrato e amministrano il territorio, i quali con scarsa lungimiranza e più o meno consapevolezza hanno permesso che questo avvenisse.
Per tutto questo quando gli agenti forestali della Provincia mi hanno consegnato il modulo da compilare per la richiesta di risarcimento del danno alla voce: «Il sottoscritto indica l'entità presunta complessiva del danno in.... », mi è venuto rabbiosamente da sorridere imbarazzato: mi si chiedeva di stimare un danno inestimabile. È tempo che chi vive in montagna ritorni ad essere artefice delle proprie scelte.


Marco Bosetti
Docente e gestore del rifugio Carè Alto

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