Valentino-Marquez da Far West Rischio faida in pista

Come un fiume carsico di veleno, pronto a riemergere e trascinare con sè sportività e lealtà, l’incidente di Sepang 2015 tra Valentino Rossi e Marc Marquez è tornato, in Argentina, a far sanguinare una ferita mai chiusa.

Ancora un contatto a Termas de Rio Hondo, come tre anni fa: Marquez prova il sorpasso su Rossi, il Dottore resiste e la ruota anteriore della Honda numero 93 tocca il posteriore della M1. Lo spagnolo va giù, Rossi vince. Domenica è toccato al pesarese finire in terra. E subito è stato lampante che la brace del risentimento non si era mai spenta, anche se coperta da sorrisi e strette di mano per i fotografi.
Rossi - speronato, caduto, ripartito e solo 19/o al traguardo - ha ripetuto di provare «spavento» quando in pista si trova vicino allo spagnolo, stesso termine usato allora. Marquez - quinto sul traguardo, ma retrocesso per «guida irresponsabile» oltre la zona punti - ha ripetuto che non aveva intenzione di danneggiare il pesarese. Andato al box Yamaha per spiegarsi, è stato respinto bruscamente.

ROSSI VS MARQUEZ: VOI CON CHI STATE?

L’ascia di guerra è dissotterrata. È ora che la Federazione internazionale intervenga con chiarezza, non come nel 2016, quando preferì secretare la telemetria della Honda di Marquez che, secondo la casa di Iwata, avrebbe dovuto «dire la verità» sulla scontro in Malesia. Ma in Argentina ha sbagliato anche la direzione gara perchè, dopo la mancata partenza, Marquez doveva essere fermato con la bandiera nera e fine dei giochi.

«È una brutta situazione - ha rincarato Rossi, quando in Italia era già notte inoltrata - Un incidente può capitare a chiunque. Puoi commettere un errore in frenata, puoi toccare l’avversario. Può succedere, sei in gara. Ma da venerdì mattina, Marquez ha riservato questo trattamento ad Aleix Espargaro, Vinales, Dovizioso, a me. Sono spaventato quando mi trovo in pista con lui. È pericoloso e va fermato. Se tutti gareggeranno in questo modo diventerà uno sport molto pericoloso e finirà male. Lo sta distruggendo, quando sei in pista a 300 km l’ora devi rispettare gli avversari».

«È stata una gara difficile in una domenica difficile» ha tentato di difendersi Marquez. «Una cosa so per certo: mai, nella mia carriera, ho colpito intenzionalmente un altro pilota.
Le accuse di Valentino? Non mi preoccupano». Dopo aver riacceso il motore a spinta, correndo contro mano sulla linea di partenza, «ho cercato di capire dai commissari di pista cosa dovevo fare - la sua spiegazione -, se andare al mio posto in griglia o tornare al box. Uno ha alzato le mani, un altro ha sollevato il pollice. L’ho preso per il segnale che potevo rimanere. Quando ho visto il messaggio della penalità sul cruscotto non ho capito, ma l’ho rispettato».

Marquez ha ammesso la responsabilità nel contatto con Espargaro: «Non sono riuscito a frenare, ero troppo più veloce».
Ma «con Valentino è andata diversamente». A causare l’urto «sono state le condizioni della pista. Ho toccato una pozzanghera, ho bloccato l’anteriore e rilasciato i freni. Ho provato a girare per evitarlo. Lui è finito sull’erba ed è caduto. Mi sono scusato subito. Nessuna follia, è stato un incidente di gara».

Intanto la stampa spagnola soffia sul fuoco, elencando le presunte malefatte di Rossi in due decenni di carriera. E anche il mito tricolore Giacomo Agostini difende lo spagnolo della Honda: «Se squalifichiamo ogni volta, allora non corriamo più - le parole del pilota più titolato della storia del motomondiale (15 titoli) - penso a Iannone che ha buttato a terra Dovizioso due anni fa, allora andava squalificato, ma così non corre più nessuno. Non è vero come dice Rossi che Marquez punta alla gamba dei piloti - conclude Agostini -: ora sono tutti un po’ nervosi e tutti stanno esagerando».

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