Conte: più spazio alla Nazionale, il calcio italiano rischia l'estinzione

Il ct Conte lancia l’allarme sulla nazionale abbandonata. Il presidente Tavecchio ribadisce la volontà di fornire al commissario tecnico azzurro tutti gli strumenti per la rifondazione. E si apre ufficialmente il fronte Italia-club. Sullo sfondo, la questione stage, ma non solo. Intanto il consiglio federale si appresta a varare la norma delle rose ristrette e dei curricula per gli stranieri, primi passi per l’incentivazione dei giocatori convocabili per la nazionale.
Sopportare. O supportare. Sta in una vocale la sottile differenza di cui Antonio Conte è a caccia, per poter svolgere fino in fondo quel che gli è stato chiesto: aiutare il calcio italiano a ricostruirsi. «Sto lavorando per il nostro calcio in via d’estinzione, sento tante chiacchiere e pochi fatti. Mi giro, e vedo che sono solo», il grido d’allarme del commissario tecnico, aggiunto alle pesanti bacchettate sui giocatori che hanno perso «la gioia della fatica». «Sta facendo un grande lavoro, lo supportiamo in tutto: lavoreremo per fare ancora più grande la nazionale», l’intervento del presidente federale Carlo Tavecchio all’indomani del duro sfogo.
Quel «se volete sopportarmi, altrimenti sarà un problema serio», pronunciato dal ct a Genova, è apparso una frustrata. «Non è un rottura, ma voglia di costruire», si è subito affrettato a precisare per allontanare i fantasmi. La sua convinzione è che il sasso lanciato contro l’indifferenza avrà fatto fischiare le orecchie a tanti nei club di serie A. Nomi non ne ha fatti. Il nervosismo accumulava in fondo la tensione per le difficili condizioni di lavoro (vedi alla voce infortunati) verso la partita chiave con la Croazia; la delusione Balotelli; il fastidio per le critiche alle prestazioni di ottobre.
Ma quando il tecnico degli azzurri ha sottolineato che dalla possibilità di stage nei quattro mesi di vuoto azzurro, da Genova a Bulgaria-Italia del 28 marzo, si capirà quanto sta a cuore la nazionale è apparso chiaro l’obiettivo. La palla passa alla Lega di A, e in particolare a Lotito.  
A dire il vero sono fischiate le orecchie anche a Prandelli, che a chi lo conosce confida in queste ore: «Conte? Niente di nuovo...», con amarezza per i suoi identici allarmi inascoltati, quanto il successore era allenatore Juve e litigava con la nazionale («Ma allora guardavo solo ai miei interessi, ora a quelli generali», l’ammissione di Conte). Ecco perché una delle parole chiave è Juve: le tensioni con il suo ex club per la chiamata di Chiellini, i malumori per l’infortunio di Ogbonna, il dato che vede costantemente in testa la squadra bianconera nella lista dei convocati, sono tutti elementi chiave. Di fatto, tra i club di prima fascia ai quali il ct ha fatto visita nel suo tour azzurro manca ancora la Juve. «Posso andarci quando voglio, vivo a Torino», aveva detto dopo che il primo appuntamento con Vinovo era saltato perché Agnelli era al sorteggio Champions.
Se è difficile trovare una data utile in un’agenda fitta, lo è ancor di più per individuare finestre utili agli stage chiesti ieri da Conte, a gennaio e febbraio. La Federcalcio è al lavoro. «Parleremo con tutte le componenti per creare più occasioni di incontro tra il ct e la squadra», ha assicurato Tavecchio. Nel comitato di presidenza che ha preceduto il consiglio si è parlato intanto delle riforme sul tavolo domani: rose ristrette e 25 giocatori sopra i 21 anni (di cui otto «home ground», 4 italiani e 4 dal vivaio), con meccanismi di accompagnamento per i contratti in vigore; libero tesseramento degli under 21; introduzione dei curricula per uno dei due extracomunitari tesserabili per ogni stagione, sulla base delle convocazioni e delle gare nelle rispettive nazionali. Si parlerà anche di fair play finanziario e pareggio di bilancio per le società. A Conte stanno più a cuore le prime questioni, e gli stage. Per il resto le sue richieste alla Federcalcio le ha già fatte. E un altro potrebbe avanzarla presto: chiedere di anticipare la conclusione del campionato 2014-2015 per avere la nazionale a disposizione un mese. Tornerebbe così a fare l’allenatore, quel che più gli manca, e scaccerebbe i fantasmi inconsci nascosti in quel «se volete sopportarmi».

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