Hogue lancia l'Aquila: «Lottare con i giganti non mi spaventa»

di Daniele Battistel

Lo scorso giugno aveva lasciato Trento dopo una serata delle Vigiliane in piazza Duomo passata a fare selfie e firmare foto con il cappello d’alpino in testa. «Richiamato» a dicembre al posto di Behanan, Dustin Hogue ha tutta l’intenzione di non lasciare nulla d’intentato per replicare la festa dell’anno scorso e magari aggiungerci pure una coppa da alzare al cielo. Per questo, messe da parte velleità da star, il lungo newyorkese si è messo a disposizione di Buscaglia per dare solidità in difesa e rimbalzi d’attacco. Non è un caso che da quando c’è lui al centro della difesa, i bianconeri hanno trovato un equilibrio decisamente migliore.

Dustin, quarta vittoria di fila significa playoff ad un passo. Questa squadra ha margini di miglioramento?

«C’è sempre spazio per migliorare. Credo che ci serva ancora qualcosa di più in difesa. Nelle ultime partite abbiamo avuto un ottimo contributo da parte di tutti in attacco, ma nella nostra metà campo sono convinto che possiamo dare di più. Piano piano tutti siamo cresciuti nel riconoscere il nostro ruolo all’interno della squadra, e nel migliorare per quanto riguarda il gioco di squadra su entrambi i lati del campo: il nostro cambio di passo in termini di prestazioni e risultati credo sia figlio anche di questo».

Domenica Trento ha dato l’impressione di avere ad difficoltà ad attaccare la difesa schierata.

«Cremona ha fatto un buon lavoro nel prenderci un po’ alla sprovvista con la difesa a zona molto particolare nel primo periodo. Poi li abbiamo puniti muovendo bene la palla, colpendoli con le triple e riuscendo ad attaccare in contropiede anticipando il rientro della difesa schierata. Non credo che nel futuro giocare a ritmi più bassi rappresenti un problema per noi, il punto è sempre quello di riuscire ad adattarsi ad ogni tipo di partita e di avversario, ma al tempo stesso poter sempre contare sui nostri principali punti di forza, come la transizione offensiva e la lotta a rimbalzo».

Voi lunghi siete andati un po’ in difficoltà contro i centimetri di Sims, non le pare?

«Non credo, anzi: nella prima metà di partita ho subìto un paio di falli in attacco, lui ha segnato solo 6 punti e non è mai entrato in partita. Nel secondo tempo abbiamo avuto in tanti problemi di falli, sono un po’ cambiate le nostre rotazioni e le nostre scelte in difesa, così lui ha avuto modo di prendere il ritmo partita».

Considerando che probabilmente nei quarti dei playoff troverete Avellino di Fesenko, Lawal o Ndiaye questa differenza di fisicità sotto canestro potrebbe essere un problema?

«So che dovrò affrontare sera dopo sera qualcuno di più grande e grosso di me, la vivo come una costante sfida che mi motiva a dare il massimo. Sono un tipo competitivo, non mi tiro indietro. Se dovessi affrontare un avversario alto anche 2 metri e 40 state pur certi che farei di tutto per rendergli la vita difficile e per strappargli ogni rimbalzo e ogni pallone vagante. Eppoi, la scorsa stagione abbiamo fronteggiato lo stesso “problema” trasformandolo in un’opportunità: non vedo perché quest’anno dovrebbe essere diverso. Vogliamo arrivare ai playoff, farlo con la migliore posizione di classifica possibile e giocare ogni partita al massimo delle nostre possibilità. Questa è la nostra mentalità».

Dopo un inizio confortante sono riemerse le sue difficoltà ai liberi. Ci sta lavorando?

«I tiri liberi sono importanti, dobbiamo essere più concentrati e precisi per sfruttare le tante occasioni che abbiamo dalla lunetta, io per primo. I nostri avversari sanno che siamo aggressivi e fisici in attacco e commettono dei falli per non farci arrivare a conclusioni facili attorno al ferro: dobbiamo punire le loro scelte ogni volta che ci mandano a tirare dalla linea della carità. Nei playoff ogni dettaglio conta».

Come procede l’ambientamento in squadra?

«Difesa e rimbalzi. Queste sono le qualità che più di tutte mi si chiede di mettere a disposizione della squadra. Ho abbracciato il mio ruolo a Trento con grande entusiasmo, riprendendo da dove mi ero interrotto nei playoff dello scorso anno. Sono il giocatore che si tuffa sul parquet per recuperare palloni, che lotta senza sosta in area, che mette il cuore e l’anima in ogni piccola cosa che fa in campo. Questa è la mia pallacanestro».

Ormai conosce la città da un anno e mezzo? Come si trova?

«Ammetto che per certi versi non sapevo come sarebbe stato tornare a Trento, ma sono davvero contento di essere qui. Avevo lasciato qui tanti amici e tante persone con cui avevo un buon rapporto: mi piace questo posto, Trento è una città piccola, rilassante, in cui la gente ti fa trovare a tuo agio e in cui hai presto la sensazione di conoscere tutti e di far parte di una comunità anche fuori dal campo».

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