Aquila in crisi di risultati Trainotti: «Il coach non si tocca»

«Meglio stare zitti». Per chi sabato sera ha visto la Dolomiti Energia perdere di 27 punti contro Varese (uguagliata la peggior sconfitta di sempre: Trento-Venezia 66-93 del 26 dicembre 2014) è palese che alla squadra manca carattere, gioco e continuità tecnica. Il gm Trainotti - alla luce di una partenza orribile (3 vinte e 7 perse) aggiunge all’analisi un altro elemento: l’assenza di identità di squadra.

Trainotti, altro che tosti e duri. Quella vista in campo sabato sera era una squadra molla e fiacca.

«Effettivamente non abbiamo mostrato la migliore faccia della squadra. Siccome il campo dice sempre la verità, in questo momento non siamo solidi e pronti a vincere in trasferta gare come quella di Varese».

Qual è il problema?

«Detto semplicemente, siamo lontani dall’avere un’identità di squadra. La nostra attenzione è più alla prestazione individuale, che va bene, ma quando ci si concentra troppo sulle singole individualità e non si riesce a metterle insieme si fa più fatica».

Avete idea di come superare la situazione?

«Lavorandoci sopra con umiltà, responsabilità e fiducia reciproca».

Nelle prime due partite di campionato contro Bologna e Venezia si è vista l’Aquila aggressiva, vispa, carica degli ultimi playoff. Poi cosa è successo?

«Chi fa confronti con la squadra dell’anno scorso è fuori strada. Questa è diversa. Questa deve trovare una sua identità e, anzi, il ricercare quello che facevamo l’anno scorso può essere un elemento di distrazione».

Se è una questione di identità forse è un problema che riguarda l’allenatore?

«Lo sanno tutti che a Trento l’allenatore non è mai in discussione: è lo stesso dalla prima all’ultima giornata. Da questo punto di vista i giocatori sono tranquilli,professionali, lavorano perché sanno qual è la nostra filosofia. Se un giorno un giocatore non dovesse essere contento della situazione tecnica, potrà trovare tante altre squadre che fanno al caso suo. A ad oggi, comunque, a me non risulta ci sia questo problema».

È però un dato di fatto che quest’anno ci sono 10 giocatori da far ruotare e la gestione per l’allenatore è più difficile.

«Se vuoi essere una squadra di alto livello devi saper gestire una rosa lunga. Allo stesso tempo se vuoi essere un grande giocatore devi imparare ad adattarti ad una rosa lunga».

Dà l’idea di essere un messaggio mirato a coach e giocatori. È così?

«Non è un messaggio. È una scelta condivisa e sulla quale siamo tutti allineati».

Insistiamo: quintetti iniziali che cambiano spesso, quelli che giocano i minuti decisivi dell’ultimo quarto anche; giocatori che una partita giocano tanto e in quella dopo non vedono il campo, forse non ci sono chiare gerarchie.

«A me non sembra che manchino le gerarchie. A me sembra che manchino equilibri e un linguaggio comune. La squadra dell’anno scorso è arrivata fino in fondo perché condivideva un’idea tecnica, emotiva, di risultato. Oggi non siamo così».

Perché non si viaggia sulle stesse lunghezze d’onda?

«Ogni squadra e ogni giocatore hanno i loro tempi. Come sempre noi diamo credito alle persone che lavorano».

Fino a quando?

«Fino a quando capisci che la persona all’idea non ci crede».

Perplessità su qualcuno in particolare?

«No. Se avessi la percezione che qualcuno non segue queste nostre idee sarebbe il momento di separarsi, come è già successo in passato. Oggi vedo delle difficoltà ma anche il tentativo di superarle. Per altro, pur non leggendo forum e commenti, capisco tifosi e giornali, e immagino che la gente non sia felice di questa situazione. Penso, però, che un minimo di credito ce lo siamo guadagnati in questi anni e credo che se ci si dà supporto e si sta vicini alla squadra, i risultati arriveranno».

La domanda viene dalla constatazione che Behanan, dopo un paio di belle partite, è stato via via emarginato. È così?

«Sapevamo che Chane è un giocatore che nei primi mesi avrebbe dovuto imparare a giocare in una squadra europea. Onestamente è più avanti di quello che pensavamo, ma altrettanto onestamente deve progredire ancora come, del resto, i suoi compagni».

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