Malagò «sdogana» Schwazer «A Rio? Felice se ce la farà»

«Se ricapitasse, tolleranza zero». Così il presidente del Coni, Giovanni Malagò, risponde a chi gli chiede come reagirebbe a un nuovo caso di doping azzurro alla vigilia di Rio 2016, come accaduto nel 2012 con Alex Schwazer.

«Tutto può accadere ma mi stupirei molto - aggiunge -, sarebbe un fatto fuori dai miei schemi. Oggi sono riconosciuti a livello internazionale gli sforzi del nostro paese. A capo dell’antidoping c’è una persona così credibile e qualificata come il generale Gallitelli e abbiamo coinvolto un corpo prestigioso come i Nas. C’è grande volontà di trasparenza e gli atleti conoscono benissimo la governance del Coni». Inevitabile una domanda proprio su Schwazer che a fine aprile terminerà la squalifica per doping e che potrebbe qualificarsi per i Giochi brasiliani. «Sarei contento di vederlo lì? Sarei felice di vedere sia lui che qualsiasi altro atleta che ha completato un percorso e pagato il conto con la giustizia sportiva - risponde Malagò -. Se passa i cancelli dei tempi limite previsti e dimostra di avere i requisiti, sarei contento».


«Io sono fermo da tre anni, tra l’altro dopo aver confessato, mentre in Russia, dove è stato scoperto un doping di stato, nessuno si è dimesso e si sta già pensando a come riammettere la squadra ai giochi olimpici di Rio».
Lo ha detto Schwazer, dopo aver testimoniato in tribunale a Bolzano durante il processo contro i medici Fidal Giuseppe Fischietto e Pierluigi Fiorella.
«Lo dico da anni che in Russia c’è un sistema di doping e la prova sono i 30 casi di positività scoperti solo tra i marciatori. Prima d’ora nessuno si era mai preoccupato di fermarli», ha aggiunto Schwazer.
Anche durante l’udienza l’altoatesino ha parlato degli avversari russi e della sua scelta di doparsi. «Ero in un tunnel» - ha detto - e a Londra 2012 «volevo partire alla pari con i russi».

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