Apple a picco in Borsa, in Italia spread a 270

Apple taglia le stime sui ricavi per la prima volta in 16 anni e crolla in Borsa, arrivando a perdere il 10% e a bruciare 446 miliardi di dollari dal picco del 3 ottobre scorso, ovvero più del valore dell’intera Facebook. Cupertino spiega la revisione con il rallentamento dell’economia cinese, penalizzata anche dalla guerra dei dazi di Donald Trump, e la debole domanda di iPhone nel paese. Il tonfo di Apple a Wall Street affonda le piazze finanziarie mondiali: dal Giappone all’Europa sono tutte in rosso, con Milano che tiene contenendo le perdite allo 0,61% (ma lo spread sale a 270 punti) mentre Parigi perde l’1,6% e Francoforte l’1,55%. La più penalizzata è Wall Street, con gli indici che arretrano del 2%.

L’annuncio a sorpresa di Apple arriva come un’ulteriore conferma dei peggiori timori degli investitori: il taglio delle stime di Cupertino certifica la frenata del Dragone cinese che risente delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti e lascia intravedere un effetto a macchia d’olio sia sulle aziende sia sull’economia globale. Lo ammette anche la Casa Bianca con Kevin Hassett, il presidente del consiglio degli advisor economici.

«Non sarà solo Apple. Molte altre aziende americane che realizzano vendite in Cina» saranno costrette e rivedere al ribasso le loro stime «almeno fino a quando non avremo un accordo commerciale con la Cina» dice Hassett in un’intervista alla Cnn. L’amministratore delegato del colosso cinese Baidu, Robin Li, ricorre alla metafora dell’«inverno che arriva» per descrivere la ‘gelatà dell’economia cinese.

Apple taglia a 84 miliardi di dollari le stime per i ricavi del primo trimestre dell’esercizio fiscale, quello che si è chiuso il 29 dicembre. Si tratta di una cifra decisamente inferiore ai 91 miliardi di dollari attesi dagli analisti e ai 89-93 miliardi stimati da Cupertino solo 60 giorni fa. «Avevamo anticipato alcune difficoltà su mercati emergenti chiave, ma non avevamo previsto la portata della decelerazione economica, soprattutto in Cina» spiega l’amministratore delegato di Apple, Tim Cook. La Cina rappresenta circa il 15% dei ricavi di Cupertino. L’annuncio shock innesca una serie di downgrade di Apple, con molti analisti che rivedono al ribasso il prezzo di riferimento. Goldman Sachs si spinge anche oltre: non escludendo la possibilità di una revisione al ribasso delle stime per l’intero esercizio fiscale 2019, paragona Apple a Nokia.

Cupertino, così come l’ex colosso dei cellulari, è fortemente dipendente dagli upgrade dei suoi dispositivi e più l’economia rallenta meno i consumatori sono disponibili a cambiare il loro smartphone per un modello nuovo fiammante. Toni Sacconaghi, uno dei principali analisti che segue Apple, spiega come a suo avviso Cupertino è rimasta indietro nella ricerca e nello sviluppo e nelle acquisizioni, oltre a non aver considerato la possibilità di un prezzo troppo alto per l’iPhone e non aver ammesso che il mercato degli smartphone si è contratto per la prima volta nel 2018. Con la revisione Apple torna alla realtà dopo essere stata considerata per anni l’esempio da seguire ed essersi affermata come la prima a sfondare quota 1.000 miliardi di dollari di valore.

Intanto il ribasso delle Borse estere trascina giù anche la Borsa di Milano. Ma soprattutto lo spread tra Btp e Bund - per la prima volta dal 18 dicembre scorso - chiude in netto rialzo a 270,6 punti base dai 253 della chiusura di ieri. Il rendimento del titolo decennale italiano è al 2,85%.

La fatica di Wall street e il ritorno della forte tensione sui titoli di Stato italiani non ha affossato Piazza Affari: l’indice Ftse Mib ha chiuso in perdita dello 0,61% a 18.218 punti, l’Ftse All share in calo dello 0,43% a quota 20.089. Milano si è mossa in linea con Londra e molto meglio di Parigi e Francoforte, appesantite dai titoli dell’hi tech in scia al crollo di Apple.

Pessima giornata ovviamente per Stmicroelectronics: il gruppo dei semiconduttori ha chiuso con un calo finale dell’11% poco sopra i 10 euro, ma in Europa la società svizzera Ams ha ceduto oltre il 20%, la tedesca Dialog il 9% finale e la ‘big’ Infineon il 4%. Nonostante lo spread con la Germania schizzato a quota 270, in Piazza Affari le banche sono rimaste tranquille, ad accezione di Unipol salita di oltre il 4% e Mps in calo finale del 3,9% a 1,47 euro. Negli altri settori, bene Tim (+2%), mentre tra i titoli minori spicca il calo del 18% e la corsa di Stefanel (+25%), Tiscali (+17%) e Zucchi, salito del 15%.

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