San Michele alla scoperta dei segreti degli agrumi

La conoscenza dell’apporto genetico materno e paterno di un agrume è di estrema importanza per sviluppare nuove varietà attraverso l’incrocio, tecnica che da sempre permette di selezionare il meglio che la natura offre. Sono le conclusioni di un esame critico sulle ricerche finora effettuate sul Dna degli agrumi che l’autorevole rivista scientifica Nature ha chiesto di fare su due studi, uno italiano e l’altro cinese, a Concetta Licciardello, ricercatore del Cra e alla Fondazione Edmund Mach di S. Michele all’Adige con Riccardo Velasco

La conoscenza dell’apporto genetico materno e paterno di un agrume è di estrema importanza per sviluppare nuove varietà attraverso l’incrocio, tecnica che da sempre permette di selezionare il meglio che la natura offre. Sono le conclusioni di un esame critico sulle ricerche finora effettuate sul Dna degli agrumi che l’autorevole rivista scientifica Nature ha chiesto di fare su due studi, uno italiano e l’altro cinese, a Concetta Licciardello, ricercatore del Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in agricoltura (Cra) presso la sede di Acireale specializzata in agrumicoltura, e alla Fondazione Edmund Mach di S. Michele all’Adige con Riccardo Velasco. Lo annuncia il Cra, in una nota, precisando che il frutto di questa analisi comparativa è stata pubblicata su Nature a luglio scorso.

 

Dall’esame critico di Licciardello e Velasco emerge che il lavoro cinese, pubblicato nel 2013 su Nature Genetics, riguarda il genoma dell’arancio dolce, con possibili ricadute utili in futuro per lo studio dei tratti agronomici ed economici di interesse, come il colore dei frutti, l’aroma, il contenuto in zuccheri, l’acidità e la resistenza a malattie. Mentre la ricerca internazionale - che vede come partner italiani il Cra e la Fondazione Mach, oltre alla Scuola Superiore S.Anna di Pisa e all’Istituto di Genetica Applicata di Udine  - pubblicata su Nature Biotechnology all’inizio del 2014, verte piuttosto sul sequenziamento di otto specie e varietà di agrume, tra cui l’arancio dolce, il clementine ed altre varietà di mandarino.


Gli scienziati cinesi, concludono i due ricercatori italiani, partono dall’ipotesi che l’origine dell’arancio dolce derivi da un semplice incrocio tra pomelo e mandarino, entrambe (insieme al cedro) due delle tre specie vere degli agrumi; invece il lavoro del consorzio internazionale, attraverso lo studio sui compartimenti cellulari sulla ereditarietà materna, chiarisce come nell’arancio dolce c’è «sangue» di pomelo e mandarino, ma con un coinvolgimento genetico ben più articolato di quanto proposto dal gruppo dei cinesi. Inoltre è stato spiegato come sia l’arancio dolce che quello amaro derivino da due processi genetici molto differenti.


Grazie a queste informazioni scientifiche sarà possibile comprendere la straordinaria variabilità degli agrumi, in termini di colore, polpa, buccia, aromi, pezzatura del frutto e di contenuto in composti nutraceutici, svelando le basi genetiche della resistenza a diverse malattie che minacciano l’agrumicoltura.

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