«Sì alla tecnologia a scuola, ma senza perdere l'umanità»

L'istituto comprensivo Avio è la prima scuola eTwinning del Trentino. La preside Tiziana Chiara Pasquini spiega perché il computer in classe apre gli orizzonti

di Luisa Pizzini

L’istituto comprensivo Avio è la prima scuola eTwinning del Trentino. Letteralmente questo slang significa gemellaggio elettronico, ma per capire di cosa stiamo parlando basta un click che ci proietta in quella grande bacheca virtuale realizzata per far comunicare gli insegnanti e le scuole di tutta Europa. Condividono progetti, materiali multimediali, esperienze e in questo modo aprono i loro orizzonti. La scuola della bassa Vallagarina, 346 scolari alle elementari e 132 alunni alle medie, è sbarcata sulla rete trascinata dall’entusiasmo della dirigente, Tiziana Chiara Pasquini che ad Avio è arrivata tre anni fa.

Preside, come si accede a questa community?

Bisogna conseguire dei certificati di qualità per poter essere accreditati. Noi ad Avio ne abbiamo vinti due l’anno scorso: Coding at school per introdurre nelle classi i concetti base dell’informativa ed il pensiero computazionalee From mountains to flatlands to seaside, la condivisione dell’esperienza delle uscite in montagna.

Come le è venuta questa idea?

Io nasco come insegnante d’inglese ed è da quell’esperienza che sono partita. Avevo delle idee e le lanciavo in Europa, chi aveva la possibilità di svilupparle poi le raccoglieva.

Qual è il vantaggio di farne parte?

Quando i progetti che proponiamo ottengono la certificazione eTwinning, si diventa una scuola selezionata con risorse qualificate. Si entra in una sorta di circolo virtuoso.

Dunque a scuola siete attrezzati per interagire virtualmente con il resto d’Europa…

Oltre all’aula computer abbiamo tablet e pc portatili da utilizzare in classe. I nostri alunni imparano ad utilizzarli e ad utilizzare i materiali che vengono messi a disposizione.

Ma non c’è il rischio di un overdose di tecnologia?

Noi lavoriamo molto sulla prevenzione in questo senso. Il progetto Coding at school, ad esempio, ha dei moduli su eSafety, la sicurezza della Rete, e facciamo delle giornate ad hoc su questi temi. I ragazzi fanno drammatizzazioni, scrivono articoli o raccontano esperienze sull’abuso di internet. Analizzano il cyber bullismo, immedesimandosi nelle vittime. Siamo molto attenti.

Utilizzate questi strumenti anche per la didattica “tradizionale”?

Nella scuola secondaria abbiamo introdotto il diario condiviso: anziché avere ciascuno il proprio diario su cui appuntare compiti e verifiche, un alunno a turno scrive le consegne che poi gli altri possono condividere anche da casa. Naturalmente con un account d’istituto e controllato.

E la famiglie accettano questo nuovo approccio? Tutte dispongono di pc o tablet a casa?

Sì, senza problemi. Gli stranieri sono più accessoriati di noi, per esempio, perchè usano Skype per parlare con le famiglie lontane. Poi abbiamo pc a scuola e possono usare anche i genitori.

Insomma, tecnologia senza controindicazioni…

Se si usa con la giusta misura: nella scuola primaria iniziamo in maniera soft, ma in ogni classe abbiamo la Lim, lavagna interattiva multimediale, e non facciamo mancare un approccio umanistico. Il segreto è tutto qui.

 

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