La ricerca: i musei italiani sono poco «social»

I musei italiani non usano i social media per creare una relazione bi-direzionale con il pubblico, sia a causa della mancanza di competenze professionali specializzate sia perché privilegiano la comunicazione tradizionale one way. È quanto emerge da «#SOCIALMUSEUMS. Social media e cultura fra post e tweet», il decimo Rapporto dell'associazione Civita presentato a Roma e incentrato sul rapporto fra istituzioni culturali e social media.

Secondo l'indagine, condotta insieme con Unicab su un campione di 26 istituti culturali italiani, l'utilizzo delle piattaforme social, come mezzo per entrare in relazione con i propri pubblici o per attrarre visitatori, non costituisce ancora, per i musei italiani, un obiettivo strategico e rilevante. Per #SOCIALMUSEUMS, alla base di tale scelta c'è una scarsa conoscenza delle effettive potenzialità dei social, dovuta alla poca esperienza finora accumulata e alla difficoltà di associare una piattaforma ad obiettivi specifici. Fanno eccezione i musei d'arte contemporanea, capaci, al contrario, di richiamare non solo i giovani «nativi digitali», ma anche un pubblico più trasversale e meno assiduo.

I musei che utilizzano i social come strumento di comunicazione e promozione prediligono quelli multifunzionali, quali Facebook, Twitter e Google+, seguiti, a una certa distanza, da Instagram, Pinterest e YouTube e utilizzati, in particolare, per stimolare la creazione di contenuti autocreati (user generated content), favorire l'apprendimento, arricchire la fruizione e condividere i contenuti. Le nuove piattaforme sono quasi sempre implementate in stretta connessione con il sito web del museo, per ottimizzare l'uso di tutti gli strumenti a disposizione dell'istituzione.

Dai risultati della ricerca emergono, inoltre, due ostacoli che limitano la comunicazione sui social da parte delle istituzioni museali: i vincoli normativi, come quello che riguarda l'utilizzo delle immagini delle opere d'arte sui canali digitali, e le difficoltà finanziarie che non consentono l'acquisizione di professionalità specializzate all'interno dei musei.

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