Medici del servizio pubblico in sciopero contro i tagli

Sciopero generale di 24 ore di tutti i medici del servizio pubblico il prossimo 16 dicembre. A proclamarlo tutte le sigle sindacali del settore contro il «grave e perdurante disagio ai cittadini da politiche orientate esclusivamente ad una gestione contabile del Servizio sanitario nazionale».

I tagli previsti dal governo Renzi per le Regioni sono «strutturali e continuativi» sulla spesa corrente «e nel triennio 2016-2018 aumentano dell’80%» mentre i tagli ai ministeri sono «in riduzione del 45% nel triennio e per il 2016 la metà dei risparmi è sugli investimenti», secondo quanto scrive la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nella relazione alle Commissioni riunite Bilancio di Senato e Camera.

La riduzione di spesa per le Regioni è pari a 3.947 milioni nel 2016, 5.702,48 milioni nel 2017 e 7.104,48 nel 2018. Di cui: 2.097 milioni sono i tagli in sanità per il prossimo anno; 4.680,48 nel 2017, 6.444,48 nel 2018.

Per i ministeri la spending review prevede minori entrate per 3.121 milioni il prossimo anno, 2.491 per il 2017, 1.723 nel 2018. Incroceranno le braccia gli ospedalieri come i medici di famiglia.

I medici parlano dunque di «grave e perdurante disagio causato ai cittadini da politiche orientate esclusivamente ad una gestione contabile del Servizio sanitario nazionale, con l’unico obiettivo del risparmio economico». Politiche, sottolineano le sigle sindacali, «sempre meno legate all’obbligo di rispondere ai loro bisogni assistenziali secondo principi di equità, giustizia e sicurezza. E stigmatizzano la mortificazione del ruolo, dell’autonomia e delle responsabilità dei medici, il cui esercizio professionale di garanzia viene intimidito e limitato da norme e burocrazia, la subalternità del valore del lavoro dei professionisti che operano nel Ssn alla logica dei conti, l’assenza di politiche nazionali a favore di una omogenea esigibilità del diritto alla tutela della salute in tutto il Paese».

Agli enti pubblici locali e centrali, Regioni e Stato, si chiede di riportare al centro le problematiche vissute dagli utenti del servizio sanitario, dunque la tutela della salute dei cittadini, «con la consapevolezza delle pesanti e negative ripercussioni sulle liste di attesa, sull’integrazione ospedale territorio, sulle condizioni di lavoro, sulla qualità e sicurezza delle cure, sulla sperequazione esistente nell’esigibilità del diritto alla salute e nei livelli di tassazione, che derivano da un progressivo impoverimento del servizio pubblico».

Rifiutandosicdi essere trattati continuamente come il capro espiatori dei problemi dalla sanità italiana, i medici rilanciano con osservazioni e proposte: «Un livello di finanziamento del servizio sanitario inferiore al fabbisogno e a quanto in precedenza stabilito da governo e Regioni, rappresenta l’anticamera di un ulteriore razionamento dei servizi cui concorre un blocco del turnover che, indifferente alla carenza di personale prevista nei prossimi anni, complice la gobba demografica, mette a rischio i livelli minimi di servizio, peggiora le condizioni di lavoro e costringe i giovani ad emigrare o adattarsi ad un precariato stabile. Mentre la riduzione del costo del personale spinge per il licenziamento dei precari in settori fondamentali, quali il pronto soccorso, la proroga di fatto del blocco di contratti e convenzioni, in atto da 6 anni, e del salario accessorio, aumenta la perdita del potere di acquisto delle retribuzioni, impedisce legittime aspettative di carriera ed il pagamento dei turni notturni e festivi. La persistente assenza di una riforma delle cure primarie, finalizzata a rafforzare la continuità delle cure, accentua l’isolamento dell’ospedale ed il suo ruolo di ammortizzatore sociale».

In particolare, le sigle che rappresentano i medici del servizio pubblico, sottolineano la necessità di favorire «il rilancio di una sanità pubblica unitaria, equa, universalistica, sostenibile; una riforma delle cure primarie che sia rispettosa del valore del lavoro e della dignità dei medici, favorisca l’integrazione del territorio con l’ospedale e un concreto rilancio della prevenzione; un ospedale sicuro, a tutela della salute dei cittadini e della serenità degli operatori, anche attraverso uno specifico provvedimento legislativo; il lavoro professionale interno al servizio sanitario come strumento di innovazione, di governo, di efficienza, di riduzione degli sprechi; il futuro dei giovani e dell’investimento formativo a beneficio del Paese; un nuovo modello gestionale dei servizi sanitari che concretamente coinvolga i professionisti rispettandone l’autonomia, la responsabilità e le competenze insieme con i valori etici e deontologici».

Viceversa, i medici respingono «il definanziamento progressivo, che taglia servizi e personale e riduce l’accesso alle cure; un federalismo inappropriato, che ha fatto la sanità a pezzi; la proroga del blocco dei contratti di lavoro e delle convenzioni, prevista dalla legge di stabilità sotto le mentite spoglie di un finto finanziamento; il blocco del turnover, che lascia al palo le speranze dei giovani e dei precari; l’uso intensivo del lavoro professionale e l’abuso dei contratti atipici che eludono gli obblighi previdenziali e riducono la sicurezza delle cure; la varietà di leggi e norme che impediscono al Medico il libero esercizio delle sue funzioni lasciandolo alle prese di una burocrazia sempre più invadente ed oppressiva che sottrae spazio all'attività clinica».

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