In Primiero «il più grande raduno Jeep dell'estate»

di Mattia Eccheli

«Quest’anno abbiamo realizzato il Camp con cento metri quadrati di tronchi per un totale di duecentocinquanta tonnellate di legno provenienti dai boschi che ci circondan», spiega Jeff Hines. Il manager ha 47 anni e vive a Torino, ma non parla l’italiano. È americano e da oltre un anno è il numero uno di Jeep in Europa, Medio Oriente e Africa.

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Fuoristrada all'ombra delle Pale: al via il Jeep Camp



A 2.200 metri di quota, sopra San Martino di Castrozza, è lui ad accogliere in inglese gli ospiti: 300 giornalisti del Vecchio Continente e una rappresentanza dal Medio Oriente, dal Giappone e dall’Africa del Nord, e 1.600 fan della casa delle Sette Feritoie che convergono in Primiero per il Jeep Camp 2019. Quello contestato dagli ambientalisti, ma quello sostenuto dagli imprenditori del turismo. Per i quali la manifestazione - «il più grande raduno mondiale di Jeep di questa estate», garantisce Hines – è valsa un tasso di occupazione delle strutture ricettive del 96% nel corso di una settimana di luglio non esattamente baciata dal sole. E comunque di bassa stagione. L’anno scorso il Jeep Camp si era svolto in Stiria, nella zona dello Spielberg, a 800 metri di quota e non troppo distante dal circuito austriaco della Red Bull.

Questa nuova edizione ha raggiunto un nuovo primato di affluenza, snocciolato dallo stesso Hines, che parla di 800 Jeep, 200 in più rispetto al 2018. Diverse centinaia, fanno sapere da Torino, sede operativa del marchio di Fiat Chrysler Automobiles in Europa (quella legale e fiscale stanno nei Paesi Bassi e nel Regno Unito), sono arrivate a bordo delle bisarche da varie parti dell’Italia e del mondo. Inclusi, appunto, alcuni paesi della fascia costiera dell’Africa mediterranea, dal medio Oriente e da nazioni del Golfo Persico. Sopra il paese e sotto l’impianto a fune per l’occasione “griffato” Jeep, vicino al bacino artificiale di raccolta dell’acqua, il costruttore ha allestito un piccolo museo con diversi modelli, alcuni “storici”, come la J300 Gladiator Thriftside del 1963 antenata del nuovo ed omonimo pick-up da 5,49 metri di lunghezza e 76 centimetri di capacità di guado esibito per la prima volta in Europa all’ombra delle Pale di San Martino.

Le strutture del Camp sono realizzate con il legno degli schianti dello scorso autunno, con tanto di “pavimentazione” in trucioli grezzi. Jeepers ed accompagnatori sono attesi tra oggi e domenica in paese. Un’adunata molto più pacifica rispetto ai raduni americani, dove tra personalizzazioni spinte, snorkel e motori esagerati (il codice della strada è decisamente più permissivo sull’altra sponda dell’Atlantico) i decibel arrivano a livelli estremamente significativi. I tracciati concessi all’organizzazione dell’evento (che quando in Trentino si erano scatenate le polemiche avevano immediatamente ricevuto numerose offerte da località vicine...) non toccano il parco.

«Il panorama è straordinario», assicura Hines a chi non se ne rende conto perché il cielo è coperto e le nuvole bassissime. Come i giornalisti invitati al Camp, anche i fan della Jeep possono guidare in fuoristrada. Hanno a disposizione sei itinerari per un totale di circa 50 chilometri. Ma possono imboccarli solo con il via libera del personale che sovrintende alle operazioni. E con l’obbligo assoluto di non abbandonare i percorsi prestabiliti. In Austria, e nei paesi che hanno ospitato l’evento in precedenza, ha funzionato, tanto che Jeep ha incassato anche i complimenti delle comunità locali e delle istituzioni.


«UNO SCHIAFFO ALLE DOLOMITI»

L’evento è iniziato, ma ovviamente le opinioni in merito non sono cambiate. Chi era favorevole qualche mese fa lo sarà ancora, chi era contrario lo sarà ancora di più vedendo le immagini delle auto con le Dolomiti sullo sfondo. Tra i primi a dire subito di no al Jeep Camp è stata la Sat. «La nostra contrarietà - spiega la presidente Anna Facchini - è stata netta e immediata. E soprattutto il nostro resta un no rispetto all’intera area: ovvero non diventa un sì a un chilometro dall’ingresso del Parco e un no all’interno. Anche i compromessi, quindi, non ci convincono per nulla. Il punto è che quella è una zona naturale stupenda, che può essere valorizzata in molti modi ma non certo in questo. È straziante vedere che per fare un po’ di marketing debbano arrivare motori e rumore. Siamo in un’area protetta, nel cuore del patrimonio dell’Unesco, e quindi non c’è certo bisogno di portare lassù le macchine. Tuttavia devo ammettere che alcune sezioni Sat hanno espresso un parere differente dal mio».



Ovviamente non si sposta di un centimetro nemmeno Luigi Casanova, vicepresidente della Commissione internazionale per la protezione delle Alpi (Cipra) e presidente onorario di Mountain wilderness. Che, anzi, rincara la dose e spiega.
«Nelle grandi città europee, ma anche in quelle piccole e anche in Trentino si cerca di tenere le macchine fuori dai centri, lontane dalle aree più belle e di valore. Invece qui addirittura le portiamo in montagna. Una scelta assurda».

Nonostante le tante prese di posizione, molto nette, dei mesi scorsi, il raduno è regolarmente in corso. «Vuol dire che c’è un forte distacco tra un certo tipo di sensibilità e quello che poi viene deciso. Prendiamo atto che quello che dice la Sat, che dicono tantissime associazioni e gruppi, sia evidentemente di poco conto e sia una posizione minoritaria, visto che poi il Primiero e la Giunta hanno deciso di ospitare quella manifestazione. A livello politico sono scelte di politici con una mentalità vecchia, con una concezione di turismo anni Settanta e incapaci di promuovere in maniera diversa il territorio. Il raduno di Jeep è uno schiaffo alle Dolomiti e al patrocinio Unesco preso dieci anni fa».

A tal proposito, Casanova ne ha anche per la Fondazione Dolomiti Unesco. «Da una parte sottoscrivono documenti ambientalisti e poi fanno l’esatto contrario. Questi arroganti delle macchine, e mi riferisco anche ai raduni quod, in particolare a quello di Falcade, vanno sulle strade forestali di tipo A, scavalcando ogni regola. Ci sono sentenze della Corte di Cassazione sulla tutela ambientale, quindi chiediamo ai questi vecchi politici di rispettare almeno quelle se sono sordi alle opinioni degli ambientalisti. E Dolomiti Unesco che festeggia dieci anni dimostri in queste situazioni la sua importanza. Non mi dicano “eh, ma siamo fuori dal Parco” perché siamo nel bel mezzo delle Dolomiti: anche da parte loro ci vogliono coerenza e serietà».

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