L'Armata delle nevi che fermò i nazisti

Era nata quasi per caso, dall’inventiva di un gruppo di sciatori appassionati, preoccupati del fatto che l’esercito degli Stati Uniti non avesse un reparto specializzato di truppe addestrate a combattere in montagna, come gli Alpini. Finì per dare un contributo fondamentale alla liberazione dell’Italia nella Seconda guerra mondiale, combattendo sulle nevi dell’Appennino, sfondando la Linea Gotica voluta da Hitler per bloccare gli Alleati che risalivano la penisola.

È la storia della 10ª Divisione da montagna dell’esercito americano che, dopo essere stata impiegata quasi inutilmente su due isole delle Aleutine (l’arcipelago a sud-ovest dell’Alaska) occupate dai giapponesi nel giugno del 1942 e poi evacuate, dopo varie indecisioni dei comandi venne imbarcata su un piroscafo diretto a Napoli e inviata a combattere in Italia. Un reparto composto di sciatori ed alpinisti esperti, formatisi con l’aiuto di campioni della neve dapprima sui pendii del Rainier, quinta montagna per altezza degli Stati Uniti continentali con i suoi 4.392 metri, poi a Camp Hale, in Colorado.

A ricostruire la storia singolare di questa divisione fatta di atleti dello sci, arrampicatori, professori universitari e futuri candidati ai «piani alti» dell’amministrazione Usa, ci ha pensato Peter Shelton, scrittore appassionato di sci. Per quattro volte «Ski Writer of the Year» per l’Associazione giornalistica americana degli sport della neve, Shelton è l’autore di un libro ben scritto, appassionante e di agile lettura, L’armata delle nevi. La storia mai raccontata degli sciatori che fermarono Hitler, tradotto da Angelo Pagetti ed edito da Piemme (317 pagine, 18,50 euro), un racconto ottimamente documentato che dovrebbe anche ispirare un film di prossima realizzazione. Per questa divisione del tutto particolare nel quadro delle forze armate Usa, l’ordine di partenza giunse nell’inverno fra il 1944 e il 1945.

Quando sbarcarono in una Napoli affamata dalla guerra, i tre reggimenti della 10ª Divisione furono indirizzati a nord, chi in treno chi via mare, mentre l’avanzata alleata verso il Po procedeva lentamente a causa della linea difensiva tedesca posta sulle sommità dei crinali dell’Appennino, anche con postazioni fortificate. Obiettivo del generale Mark Clark era Bologna, ma la strada statale che vi arrivava da Firenze era perfettamente controllata dalle truppe tedesche. Tre tentativi di conquistare il Monte Belvedere, alto 1.140 metri ma situato in posizione strategica, erano falliti, e la 10ª Divisione Usa, addestrata a combattere sulla neve, venne destinata a quel compito. Il 20 gennaio 1945, dopo essere state accolte (in inglese) da un «benvenuto» tedesco con il megafono, le pattuglie di sciatori americani iniziarono le perlustrazioni, fin quando non venne individuato l’obiettivo, una cresta rocciosa da raggiungere scalando una parete di 450 metri.

Shelton racconta con precisione e dettagli le fasi di quello che definisce «l’assalto alpino più riuscito della storia militare degli Stati Uniti», ma del quale quasi nessuno venne a sapere al di là dell’Atlantico perché nello stesso giorno, il 19 febbraio, «tre divisioni di Marines sbarcarono a Iwo Jima per affrontare ventimila soldati giaponesi trincerati e pronti a morire per l’imperatore». Chi conosce l’Appennino bolognese troverà nel libro nomi di cime e crinali dove in marzo si consumarono le altre battaglie della 10ª Divisione e dove trovò la morte uno dei soldati più famosi del reparto alpino americano: Torger Tokle, campione del mondo di salto con gli sci nato a Lokken Verk, in Norvegia, ed emigrato negli Usa.

Altri campioni come il sergente Friedl Pfeifer, «maestro di sci austriaco che sognava di trasformare Aspen in una fiorente stazione sciistica», e che venne gravemente ferito, combatterono sulle montagne dell’Appennino fino ad aprile, quando la valle del Po si spalancò ai loro piedi, e per il reparto di montagna Usa iniziò la corsa verso il Trentino. Ma anziché alle Alpi, gli uomini della 10ª furono mandati al Lago di Garda. Scartata la possibilità di salire sul Baldo, a Malcesine si trovarono di fronte i cannoni da 88 mm dei tedeschi. Il 29 aprile si aprirono la strada attraverso i tunnel fino all’ultima galleria che conduce a Torbole, che venne conquistata il giorno seguente insieme a Riva del Garda.

Alle 18.30 del 2 maggio la radio diede la notizia che l’esercito tedesco in Italia si era arreso. Quando i soldati della 10ª, risalito l’Adige, giunsero a Passo Resia, trovarono gli sci lasciati dalle pattuglie tedesche e non esitarono a divertirsi sui pendii vicini al confine con la Svizzera. Molti dei soldati della 10ª si fermarono poi sulle Alpi, per scalarne le vette come il Cervino, il Bianco, ma anche le Dolomiti. Rientrati negli States, altri si diedero ad organizzare scuole di sci e di alpinismo. Le montagne rimasero al centro dei loro cuori.

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