Il lusso non conosce crisi: è il motore della crescita

Il cuore pulsante di un lusso che non teme crisi batte in Asia, vero motore della crescita del settore. È la conclusione che si trae analizzando i dati del Global Powers of Luxury Goods, studio annuale di Deloitte che ha certificato come nel 2017 le vendite dei prodotti d’altagamma dei primi 100 gruppi al mondo abbia toccato i 247 miliardi di dollari, in crescita del 13,8%.

Il podio della Top ten è stabile: Lvmh domina incontrastato, seguito da Estee Lauder e Richemont. Luxottica, unica italiana nella Top 10, è scesa al quinto posto dopo il sorpasso di Kering (anche se il dato è precedente alla fusione con Essilor, completata nel 2018).

Dopo il colosso degli occhiali arrivano Prada (21/a) e Giorgio Armani (26/o): i tre gruppi assieme fanno quasi la metà dei 34 miliardi di dollari di lusso ‘Made in Italy’ venduto nel mondo, pari al 14% dei ricavi globali.
Ma la supremazia occidentale è insidiata. Nell’altagamma si inizia a sentire la competizione dell’Asia, non più solo consumatrice, ma sempre più produttrice. Ben sei società dell’area Asia-Pacific sono nella classifica Deloitte delle imprese che crescono più velocemente. Nella Top 100 per fatturato 20 sono asiatiche. Tanto per fare un esempio, il gruppo di Hong Kong della gioielleria Chow Tai Fook è al 9/o posto con 7,6 miliardi di dollari di ricavi (+15,4% sull’anno precedente). L’influsso crescente dell’estremo oriente - come risultati finanziari e come domanda - «non è da trascurare» spiega Patrizia Arienti, Deloitte Emea Fashion & Luxury Leader.

Per la analista l’Asia è «il motore della crescita di questo settore, con i consumatori cinesi che guidano il consumo dei beni di lusso sia in patria che all’estero».

Grazie all’Asia il settore continua a vedere un futuro roseo, nonostante il rallentamento della crescita mondiale. I timori di stagnazione non hanno infatti intaccato la domanda per i beni di lusso e non lo faranno in futuro. Dietro questa dinamica ci sono gli HENRYs, cioè gli High earners not rich yet (in pratica, chi guadagna tanto ma non è ancora un Paperone), nuova classe di consumatori ‘middle class’ che sta crescendo - soprattutto in Cina e India. Su loro sono puntati gli occhi dei signori del marketing, dato che - grazie a redditi annui tra i 100 e i 250 mila dollari - gli HENRYs sono i futuri ‘big spender’. Per lo più Millennial amanti dello shopping online e capaci di metter mano al portafogli senza timidezza.

In questo quadro le italiane imprese italiane difendono la loro leadership ma per vincere la sfida dovranno sapere «coniugare modelli di business innovativi con tradizione ed esclusività del prodotto» spiega Arienti. Sarà per questo che Moncler è l’italiana più ‘performante’ (+20,9% di margine di profitto netto). Col suo progetto Genius - che coinvolge nuovi designer con uscite di nuovi prodotti cadenzate nell’anno e una forte strategia digitale - ha saputo agganciare i consumatori del lusso del futuro.

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